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lunedì 30 novembre 2009

Rimanere per provare a cambiare

Nella lettera aperta su Repubblica del Direttore Generale del LUISS Guido Carli Pierluigi Celli esorta il proprio figlio ad abbandonare L'Italia denunciando una serie di mali strutturali che rendono il belpaese un luogo difficile per i giovani, specialmente se competenti.
Tuttavia non mi sento di condividere a pieno la sua posizione.
Sicuramente l'analisi sui mali dell'Italia è del tutto corretta ma l'esortazione che compie non risolve il problema, il che a mio parere può creare un effetto controproducente. Le Risorse umane di una nazione sono una delle ricchezze più preziose di cui uno Stato civile può disporre e devono essere coltivate ed incentivate per risolvere questioni che attanagliano il belpaese.
Lasciare tutto per rincorrere lidi più felici (ammesso che lo siano) aggrava il problema dell'Italia perchè si perdono risorse ed intelligenze impoverendo ancora di più la nazione. Questo lo si è già vista durante le migrazioni interne dal meridione al Nord Italia adesso si potrebbe verificare su scala maggiore al di fuori dei confini. Senza dubbio oltre i confini si trovano condizioni lavorative più allettanti da un punto di vista remunerativo ma se non si cerca di muovere qualche pagliuzza si corre il rischio di aggravare ancora di più la condizione del territorio.
E' importante che di questo i giovani prendano coscienza e si possano mettere al lavoro per poter far qualcosa in più al fine di dare un segnale forte alle altre classi sociali del paese; non dobbiamo essere solamente dei "Bamboccioni".
Sicuramente questa lettera non è un bel segnale ai giovani specialmente da chi fa parte dell'establishment che ha creato questa situazione.
Il problema è che spesso mancano incentivi a rimanere, in assenza di questi serve un forte senso civico che possa colmare questa lacuna. Questo pensiero può sembrare alquanto utopistico ma in realtà provare a perseguire questa strada può essere l'unico modo per vedere uno spiraglio di luce.



sabato 28 novembre 2009

La Cattedrale nel Deserto


La recente notizia della probabile insolvenza della holding di Dubai "Dubai World" (debito di oltre 50 miliardi di $) pone l'attenzione sul piccolo emirato arabo.
Un emirato che di fatto è una cattedrale nel deserto in quanto non dispone delle ricchezze petrolifere del vicino emirato di Abu Dhabi ma è salito alla ribalta del grande pubblico grazie alle sviluppo immobiliare che l'ha caratterizzato negli ultimi anni.
Sviluppo immobiliare che ha permesso lo sviluppo del turismo (grazie anche alla compagnia aerea governativa Emirates) e dell'economia (grazie anche alle zone franche che permettono di attrarre investimenti dall'estero).
Ma a volte si deve tornare a fare i conti la logica: questo piccolo stato che negli ultimi decenni ha avuto tassi di crescita mostruosi ed ha visto salire il valore degli immobili all'inverosimile e quindi attraendo sempre maggiori investimenti adesso si trova a fare i conti con il crollo del settore immobiliare indotto dalla congiuntura economica e dalla scarsa liquidità delle banche (per lo più anglosassoni) che non hanno più pazienza di attendere il rientro dei debiti e battono cassa.
Il valore degli immobili non aveva il valore reale bensì fittizio: una classica bolla speculativa da manuale!
Si attendono le decisioni previste per l'inizio della prossima settimana da parte dell?emiro di Dubai sul da farsi; ma l'ipotesi più accreditata (sostenuta dagli analisti di UBS) è l'aiuto del vicino emiro di Abu Dhabi; che presenta un'economia un po' più solida sostenuta dai petrodollari.

giovedì 19 novembre 2009

Parla Jeff Bezos, fondatore di Amazon




Nella video intervista, Jeff Bezos, fondatore di Amzon, riassume la strategia vincente di Amazon in 4 punti:




1. L'importanza del cliente:

“Vi assicuro che il motivo per cui Amazon esiste è questo. Abbiamo sempre messo i clienti davanti a tutto: dovendo scegliere tra l’ossessione per i competitor e l’ossessione per i clienti, ci siamo sempre concentrati sui clienti. Certo, abbiamo osservato anche cosa stavano facendo i nostri concorrenti, ma non era quello ciò in cui mettevamo la nostra energia, non è stata quella la nostra motivazione. Preferiamo prestare attenzione ai nostri clienti e comportarci di conseguenza. Questo è un principio chiave. Curando i clienti, si possono risolvere molti altri problemi.”

2. L'importanza dell'invenzione:

”Ogni volta che ad Amazon abbiamo un problema, cerchiamo di trovare la soluzione e inventiamo. Inventiamo per il cliente: non è compito del cliente inventare per se stesso. Per fare questo dovete ascoltare i clienti, è un fattore decisivo. Se non lo farete, vi perderete. Dovrete inventare sulla base di quello che vi diranno, sulla base dei loro bisogni”

3. Pensare a lungo termine:

“Questo è un fattore essenziale. Qualsiasi azienda che metta i clienti davanti a tutto, qualunque azienda che voglia inventare per i suoi clienti, deve pensare a lungo termine, ma è molto più raro di quanto si possa pensare. Ci vogliono dai 5 ai 7 anni perché una qualsiasi delle nostre iniziative frutti dei vantaggi all’azienda. Ci vuole del tempo per realizzare ogni nuova idea: questo ci consente di capire se ci sono degli errori da correggere, delle cose da cambiare. Non ci lasciamo sopraffare dalla pressione dell’ultimo minuto. Questo porta un grande vantaggio competitivo”

4. Ogni giorno è il primo giorno:

“Ogni giorno c’è sempre qualcosa di nuovo da inventare per il futuro. Qualche novità per i clienti, nuovi modi per prestare loro attenzione”



lunedì 16 novembre 2009

Le incognite della ripresa


Finalmente sembra di essere alla fine del tunnel, tuttavia i dati della crescita (+ 0,6%) sono inferiori alla previsione che si può ricavare dai dati della produzione industriale. Ci possono essere varie ragioni a riguardo: peggioramento del mercato del lavoro, il cambio sfavorevole (sopratutto per le imprese che esportano).
I risultati ottenuti sono fortemente correlati con i dati dell'economia tedesca che presenta le stesse considerazioni.
I risultati migliorano ma i problemi non sembrano ancora risolti.

giovedì 5 novembre 2009

Costi Standard nella Sanità del Federalismo

Il dibattito sull'allocazione delle risorse in regime di federalismo è molto acceso, in particolare sui costi della Sanità.
Dalla dichiarazione di Sacconi "Non è possibile continuare con il pagamento a piè di lista dei cronici
sforamenti di bilancio sanitario, occorre passare ad un finanziamento regionale basato sul
costo standard delle prestazioni" si abbandona la logica del costo storico della prestazione per passare all'approccio del costo standard al fine di abbandonare lo spreco di risorse e le sacche di inefficienza e ridare merito alle responsabilità specifiche dei vari centri di competenza.
Da qui nasce un diatriba sull'approccio da utilizzare per il calcolo dei costi standard:


  1. Approccio microanalitico: è l'approccio attraverso il quale si vuole determinare il costo standard di ogni singola prestazione erogata e tramite la sommatoria delle prestazioni erogate ed il loro relativo costo risalire al budget di spesa disponibile. Questa approccio risulta alquanto complesso e richiede dei cambiamenti organizzativi considerevoli (ad esempio implementare la contabilità analitica) e pone problemi di confrontabilità tra le varie regioni . Inoltre si pone il problema della qualità del servizio poichè avere un costo standard per la singola prestazione scoraggio l'adozione di pratiche particolarmente innovative perchè in genere più costose. Inoltre la decisione del costo standard pone secondo me un problema di dipendenza decisionale dello stato centrale che decidendo su ogni singola prestazione erogata di fatto stabile come debba essere impiagato il budget locale lasciando uno spazio limitato d'azione alle realtà locali su come impiegare le proprie risorse. Un effetto poi eventualmente amplificato dai compromessi politici-economici rendendo questo approccio poco coerente con gli intenti della riforma federalista. Valido solo come strumento di controllo!
  2. Approccio macroeconomico: è un approccio più robusto poichè prende in considerazione poche variabili facilmente misurabili (struttura demografica, caratteristiche epidemiologiche e sociali) . Il Budget nazionale viene ripartito considerando queste variabili come discriminanti dell'allocazione delle risorse. Tuttavia il budget di spesa viene da delle scelte meramente politiche e non definite sulla base del fabbisogno effettivo della popolazione
  3. Approccio risk/need adjustement: cerca di considerare le caratteristiche demografiche e sanitarie del territorio monitorando la proporzione dei malati sulla popolazione locale. In questo modo si prevede la domanda di prestazioni sanitarie. Successivamente si introduce un costo standard per tipo di malattia. Dunque si assume che una determinata patologia abbia lo stesso costo in tutta Italia (un infarto a Milano non differisce da un infarto a Roma). Questa modellazione non introduce problemi computazionali come il costo standard della prestazione poichè è stato visto che l'80% del budget è assorbito dal 25% di abitanti con malattie croniche. In tal modo aggregando le varie componenti si può risalire al fabbisogno regionale.
  4. Approccio Data Envelopment Analysis (DEA): si utilizza una metodologia della ricerca operativa che determina l'efficienza relativa di centri di responsabilità. Questa metodologia prevede di valutare l'efficienza come il rapporto tra qualità delle prestazioni e budget disponibile. Ovviamente si introducono dei pesi per includere le caratteristiche demografiche e sanitarie della regione. A questo punto il sistema di pesi adottato condiziona fortemente l'efficienza quindi ci si cerca tramite un algoritmo (CCR di Charnes, Cooper, Rhodes) ed il suo duale di trovare il sistema di pesi ottimali (tra quelli proposti) tali che sia massimizzata l'efficienza del centro di responsabilità e il centro di responsabilità ideale paragonabile. A questo punto per ogni unità si può risalire all'input ottimale cioè budget ottimale efficiente da assegnare alla regione. In questo modo, sommando la somma dei singoli budget regionali, si ottiene il budget di spesa nazionale.
Il primo approccio è stato contrastato dagli accademici; il secondo approccio è stato sperimentato con dei miglioramenti sul budget di spesa ma non ha risolto il problema dell'individuazione del corretto budget da impiegare a livello aggregato. Il terzo modello è sostenuto da alcuni accademici ma io personalmente sostengo l'ultimo approccio che ancora non è stato proposto né trattato dai politici.,

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