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venerdì 25 marzo 2011

Il caso Parmalat e le falle del Capitalismo Italiano

Dopo il crack del 2003 Parmalat è divenuta una vera Public Company, cioè una società a capitale diffuso senza patti di sindacato per il controllo della società, con circa 4 Miliardi di fatturato e circa 1,5 miliardi di liquidità.
In uno scenario del genere chiunque con un po' di sale in zucca, nonostante gli obblighi statutari di risarcire i risparmiatori vittime del crack con il 50% degli utili, ci avrebbe fatto un pensierino. Il dossier da tempo girava per i tavoli dell'alta finanza europea tant'è che vari fondi detenevano quote della società.
I francesi di Lactalis hanno fiutato l'affare rastrellando il 14% sui mercati ed acquistando le quote dei fondi d'investimento per un valore inferiore alla sola liquidità di Parmalat.
Fin qui cronaca.
Ora iniziano le polemiche:
Polemica numero 1: è possibile che una società redditiva ed in salute sia stata ignorata dai capitalisti italiani nonostante tutte le maggiori banche d'affari (Societè Generale in primis) avevano ben chiara la situazione da tempo? I nostri capitani d'impresa erano troppo impegnati in aspre "guerre di bande" per affari ben meno redditivi come RCS (Rizzoli-Corriere della Sera)? E le Banche italiane, in prima fila nel condurre "operazioni di sistema" se lo richiede qualche politico, che ruolo hanno giocato? Anche se non si fosse interessati a Parmalat da un punto di vista industriale, i dati finanziari sono positivi per considerare Parmalat un buon investimento finanziario.
Polemica numero 2: l'Italia è l'ultimo paese europeo per investimenti esteri sul territorio per vari motivi (bassa competitività), ma una volta che ci sia qualcuno disposto ad acquistare ne succedono di tutti i colori. D'accordo, Lactalis non è uno qualunque, anzi la sua nazionalità ci riporta alla mente le manovre relative all'affaire Enel-Suez ed alle miridiade di partecipazioni di società francesi nelle società italiane (Mediobanca, Edison, Bulgari e ci hanno provato con Alitalia ed il Gruppo Ligresti). Sarà proprio il comportamento dei francesi a suscitare le razioni economico/politiche di questi giorni?
Polemica numero 3: Perchè in Italia ci ricordiamo che esistono dei "settori strategici con implicazioni di sistema" soltanto quando cercano di comprarci le aziende che operano in questi settori? Ma non è il caso che in Italia si  inizia a fare una seria politica industriale e magari proprio come fanno i francesi si identificano una decina di settori "strategici" per il paese? Forse dopo Bulgari non ci si può permettere di perdere un pezzo di un'industria simbolo dell'italianità nel mondo? 
Certo che se tutti non ci diamo una svegliata il futuro non è certamente roseo...

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