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giovedì 24 dicembre 2009

Una Questione di competitività

Marchionne ha presentato il nuovo piano industriale del Gruppo Fiat per l'Italia. Piano ambizioso che prevede investimenti per 8 miliardi di €. Di questi tempi il piano è senza dubbio ambizioso ma il problema chiave è la competitività.
Già, per stare sul mercato si deve essere competitivi e la struttura del Gruppo torinese ha delle sacche di inefficienza in stabilimenti che lamentano carenze strutturali e diseconomie. Infatti l'a.d. di FIAT reclama una bassa saturazione degli impianti da cui si generano queste inefficienze che limitano la competitività del gruppo sul mercato. La chiusura degli stabilimenti incriminati (Termini Imerese e forse Pomigliano d'Arco) lascerebbe a casa molti dipendenti in aree geografiche del paese problematiche. Risulta dunque alquanto complesso conciliare la responsabilità sociale del Gruppo senza che questo ne risulti in qualche modo penalizzato rispetto ai concorrenti. In questo momento si stanno scontando scelte poco lungimiranti prese nel passato sull'euforia dell'assistenzialismo statale in cui spesso per scelta lo Stato copriva delle inefficienze industriali per garantire un certo welfare in aree depresse del paese. Ora questo tempo è finito ed è giusto consentire alle imprese di rincorrere la propria competitività senza lasciarsi ingabbiare in pericolosi giochi etici, pena l'esistenza stessa dell'azienda (che in caso di scomparsa produrrebbe danni maggiori).
Non vogliamo più Gruppi industriali che sono degli ammortizzatori sociali come la vecchia Alitalia che non aveva ragion di esistere se non perchè lo stato copriva le carenze e dava occupazione. La FIAT ha iniziato a funzionare proprio quando lo Stato si è levato dai piedi e si è dato spazio a persone competenti e preparate!

mercoledì 9 dicembre 2009

I Dinosauri del Business italiano

Un commento sulla lettera di De Benedetti al Sole 24 Ore:
De Benedetti ha capito ben poco di Internet; un modo dove il paradigma free decreta il successo o l'insucceso di ogni iniziativa.
Chris Anderson, noto per la sua Long Tail e per essere il direttore di Wired USA, ci ha scritto un libro sul paradigma free e come questo possa essere profittevole.
Ma De Benedetti è abituato al sistema Italia dove la competitività dell'impresa prescinde dall'attenzione al consumatore ma si predilige l'appoggio politico per smaltire gli obsoleti.
In un contesto del genere la sua lettera non ha alcun significato! E' soltanto il lamento di un vecchio dinosauro che pretende che qualcun altro difenda la sua rendita di posizione perchè non è capace di fronteggiare i nuovi Titani del web.
Nonostante Google abbia fondato la propria esistenza sull'advertising non vende la propria homepage (nonostante sia la pagina più visitata del web, e forse dal valore inestimabile); perchè c'è chi crede nella qualità del servizio che eroga ed è disposto a pagare per avere una miglior posizione nei risultati delle ricerche.
De Benedetti non capisce che ha molto da guadagnare da Google ma non chiedendo direttamente soldi alla Big G ma sfruttando il traffico che Big G gli regala. Problemi dei vecchi dinosauri italici.

giovedì 3 dicembre 2009

Tra Democrazia diretta e management: il Bilancio partecipato


Il Bilancio Partecipato è un’espressione della partecipazione dei cittadini nelle azioni di governo della città di San Benedetto del Tronto.

Questo è uno strumento che serve a far fronte alle richieste portate avanti dalla popolazione per mezzo dei comitati di quartiere.

Sarebbe opportuno non considerare le richieste di interventi di manutenzione ordinaria in quanto questa deve essere garantita dall’amministrazione a priori in quanto servizio minimo per il corretto uso delle infrastrutture.

Coerentemente con gli intenti del Bilancio Partecipato è opportuno considerare una metodologia di ripartizione equa del budget disponibile tra le richieste presentate.

Essendo le richieste presentate direttamente dalla popolazione per mezzo dei comitati di quartiere esse appaiono tutte come legittime ma essendo il budget a disposizione ben determinato è necessario individuare delle priorità di assegnazione delle risorse.

Il criterio proposto di conferimento delle priorità in linea con la filosofia del Bilancio Partecipato è composto da vari driver come per esempio il numero di cittadini che beneficia della realizzazione della richiesta presentata, degli attributi categorici che possano esprimere la necessità di una sorta di “volano per il quartiere” e dei driver che tengano conto della spesa passata in un determinato quartiere per far si che a rotazione si possa portare avanti un discorso di riqualificazione omogeneo in tutta la città. Dunque verrà aggiudicata una priorità maggiore a quelle richieste o progetti che realizzano opere con l’indice proposto più adeguato

Affinché il budget non sia interamente consumato da un unico quartiere si può considerare di provvedere ad escludere dalle priorità un ulteriore progetto del quartiere che si è già visto assegnare delle risorse finché anche tutte gli altri comitati abbiano ricevuto delle risorse per poter realizzare le loro richieste. Questo processo può essere reiterato ciclicamente fino al termine delle risorse rese disponibili nel budget del Bilancio Partecipato.

Il modello di assegnazione proposto è un adattamento della metodologia Zero Based Budget che si occupa di gestire l’ammontare e l’assegnazione delle spese discrezionali.

lunedì 30 novembre 2009

Rimanere per provare a cambiare

Nella lettera aperta su Repubblica del Direttore Generale del LUISS Guido Carli Pierluigi Celli esorta il proprio figlio ad abbandonare L'Italia denunciando una serie di mali strutturali che rendono il belpaese un luogo difficile per i giovani, specialmente se competenti.
Tuttavia non mi sento di condividere a pieno la sua posizione.
Sicuramente l'analisi sui mali dell'Italia è del tutto corretta ma l'esortazione che compie non risolve il problema, il che a mio parere può creare un effetto controproducente. Le Risorse umane di una nazione sono una delle ricchezze più preziose di cui uno Stato civile può disporre e devono essere coltivate ed incentivate per risolvere questioni che attanagliano il belpaese.
Lasciare tutto per rincorrere lidi più felici (ammesso che lo siano) aggrava il problema dell'Italia perchè si perdono risorse ed intelligenze impoverendo ancora di più la nazione. Questo lo si è già vista durante le migrazioni interne dal meridione al Nord Italia adesso si potrebbe verificare su scala maggiore al di fuori dei confini. Senza dubbio oltre i confini si trovano condizioni lavorative più allettanti da un punto di vista remunerativo ma se non si cerca di muovere qualche pagliuzza si corre il rischio di aggravare ancora di più la condizione del territorio.
E' importante che di questo i giovani prendano coscienza e si possano mettere al lavoro per poter far qualcosa in più al fine di dare un segnale forte alle altre classi sociali del paese; non dobbiamo essere solamente dei "Bamboccioni".
Sicuramente questa lettera non è un bel segnale ai giovani specialmente da chi fa parte dell'establishment che ha creato questa situazione.
Il problema è che spesso mancano incentivi a rimanere, in assenza di questi serve un forte senso civico che possa colmare questa lacuna. Questo pensiero può sembrare alquanto utopistico ma in realtà provare a perseguire questa strada può essere l'unico modo per vedere uno spiraglio di luce.



sabato 28 novembre 2009

La Cattedrale nel Deserto


La recente notizia della probabile insolvenza della holding di Dubai "Dubai World" (debito di oltre 50 miliardi di $) pone l'attenzione sul piccolo emirato arabo.
Un emirato che di fatto è una cattedrale nel deserto in quanto non dispone delle ricchezze petrolifere del vicino emirato di Abu Dhabi ma è salito alla ribalta del grande pubblico grazie alle sviluppo immobiliare che l'ha caratterizzato negli ultimi anni.
Sviluppo immobiliare che ha permesso lo sviluppo del turismo (grazie anche alla compagnia aerea governativa Emirates) e dell'economia (grazie anche alle zone franche che permettono di attrarre investimenti dall'estero).
Ma a volte si deve tornare a fare i conti la logica: questo piccolo stato che negli ultimi decenni ha avuto tassi di crescita mostruosi ed ha visto salire il valore degli immobili all'inverosimile e quindi attraendo sempre maggiori investimenti adesso si trova a fare i conti con il crollo del settore immobiliare indotto dalla congiuntura economica e dalla scarsa liquidità delle banche (per lo più anglosassoni) che non hanno più pazienza di attendere il rientro dei debiti e battono cassa.
Il valore degli immobili non aveva il valore reale bensì fittizio: una classica bolla speculativa da manuale!
Si attendono le decisioni previste per l'inizio della prossima settimana da parte dell?emiro di Dubai sul da farsi; ma l'ipotesi più accreditata (sostenuta dagli analisti di UBS) è l'aiuto del vicino emiro di Abu Dhabi; che presenta un'economia un po' più solida sostenuta dai petrodollari.

giovedì 19 novembre 2009

Parla Jeff Bezos, fondatore di Amazon




Nella video intervista, Jeff Bezos, fondatore di Amzon, riassume la strategia vincente di Amazon in 4 punti:




1. L'importanza del cliente:

“Vi assicuro che il motivo per cui Amazon esiste è questo. Abbiamo sempre messo i clienti davanti a tutto: dovendo scegliere tra l’ossessione per i competitor e l’ossessione per i clienti, ci siamo sempre concentrati sui clienti. Certo, abbiamo osservato anche cosa stavano facendo i nostri concorrenti, ma non era quello ciò in cui mettevamo la nostra energia, non è stata quella la nostra motivazione. Preferiamo prestare attenzione ai nostri clienti e comportarci di conseguenza. Questo è un principio chiave. Curando i clienti, si possono risolvere molti altri problemi.”

2. L'importanza dell'invenzione:

”Ogni volta che ad Amazon abbiamo un problema, cerchiamo di trovare la soluzione e inventiamo. Inventiamo per il cliente: non è compito del cliente inventare per se stesso. Per fare questo dovete ascoltare i clienti, è un fattore decisivo. Se non lo farete, vi perderete. Dovrete inventare sulla base di quello che vi diranno, sulla base dei loro bisogni”

3. Pensare a lungo termine:

“Questo è un fattore essenziale. Qualsiasi azienda che metta i clienti davanti a tutto, qualunque azienda che voglia inventare per i suoi clienti, deve pensare a lungo termine, ma è molto più raro di quanto si possa pensare. Ci vogliono dai 5 ai 7 anni perché una qualsiasi delle nostre iniziative frutti dei vantaggi all’azienda. Ci vuole del tempo per realizzare ogni nuova idea: questo ci consente di capire se ci sono degli errori da correggere, delle cose da cambiare. Non ci lasciamo sopraffare dalla pressione dell’ultimo minuto. Questo porta un grande vantaggio competitivo”

4. Ogni giorno è il primo giorno:

“Ogni giorno c’è sempre qualcosa di nuovo da inventare per il futuro. Qualche novità per i clienti, nuovi modi per prestare loro attenzione”



lunedì 16 novembre 2009

Le incognite della ripresa


Finalmente sembra di essere alla fine del tunnel, tuttavia i dati della crescita (+ 0,6%) sono inferiori alla previsione che si può ricavare dai dati della produzione industriale. Ci possono essere varie ragioni a riguardo: peggioramento del mercato del lavoro, il cambio sfavorevole (sopratutto per le imprese che esportano).
I risultati ottenuti sono fortemente correlati con i dati dell'economia tedesca che presenta le stesse considerazioni.
I risultati migliorano ma i problemi non sembrano ancora risolti.

giovedì 5 novembre 2009

Costi Standard nella Sanità del Federalismo

Il dibattito sull'allocazione delle risorse in regime di federalismo è molto acceso, in particolare sui costi della Sanità.
Dalla dichiarazione di Sacconi "Non è possibile continuare con il pagamento a piè di lista dei cronici
sforamenti di bilancio sanitario, occorre passare ad un finanziamento regionale basato sul
costo standard delle prestazioni" si abbandona la logica del costo storico della prestazione per passare all'approccio del costo standard al fine di abbandonare lo spreco di risorse e le sacche di inefficienza e ridare merito alle responsabilità specifiche dei vari centri di competenza.
Da qui nasce un diatriba sull'approccio da utilizzare per il calcolo dei costi standard:


  1. Approccio microanalitico: è l'approccio attraverso il quale si vuole determinare il costo standard di ogni singola prestazione erogata e tramite la sommatoria delle prestazioni erogate ed il loro relativo costo risalire al budget di spesa disponibile. Questa approccio risulta alquanto complesso e richiede dei cambiamenti organizzativi considerevoli (ad esempio implementare la contabilità analitica) e pone problemi di confrontabilità tra le varie regioni . Inoltre si pone il problema della qualità del servizio poichè avere un costo standard per la singola prestazione scoraggio l'adozione di pratiche particolarmente innovative perchè in genere più costose. Inoltre la decisione del costo standard pone secondo me un problema di dipendenza decisionale dello stato centrale che decidendo su ogni singola prestazione erogata di fatto stabile come debba essere impiagato il budget locale lasciando uno spazio limitato d'azione alle realtà locali su come impiegare le proprie risorse. Un effetto poi eventualmente amplificato dai compromessi politici-economici rendendo questo approccio poco coerente con gli intenti della riforma federalista. Valido solo come strumento di controllo!
  2. Approccio macroeconomico: è un approccio più robusto poichè prende in considerazione poche variabili facilmente misurabili (struttura demografica, caratteristiche epidemiologiche e sociali) . Il Budget nazionale viene ripartito considerando queste variabili come discriminanti dell'allocazione delle risorse. Tuttavia il budget di spesa viene da delle scelte meramente politiche e non definite sulla base del fabbisogno effettivo della popolazione
  3. Approccio risk/need adjustement: cerca di considerare le caratteristiche demografiche e sanitarie del territorio monitorando la proporzione dei malati sulla popolazione locale. In questo modo si prevede la domanda di prestazioni sanitarie. Successivamente si introduce un costo standard per tipo di malattia. Dunque si assume che una determinata patologia abbia lo stesso costo in tutta Italia (un infarto a Milano non differisce da un infarto a Roma). Questa modellazione non introduce problemi computazionali come il costo standard della prestazione poichè è stato visto che l'80% del budget è assorbito dal 25% di abitanti con malattie croniche. In tal modo aggregando le varie componenti si può risalire al fabbisogno regionale.
  4. Approccio Data Envelopment Analysis (DEA): si utilizza una metodologia della ricerca operativa che determina l'efficienza relativa di centri di responsabilità. Questa metodologia prevede di valutare l'efficienza come il rapporto tra qualità delle prestazioni e budget disponibile. Ovviamente si introducono dei pesi per includere le caratteristiche demografiche e sanitarie della regione. A questo punto il sistema di pesi adottato condiziona fortemente l'efficienza quindi ci si cerca tramite un algoritmo (CCR di Charnes, Cooper, Rhodes) ed il suo duale di trovare il sistema di pesi ottimali (tra quelli proposti) tali che sia massimizzata l'efficienza del centro di responsabilità e il centro di responsabilità ideale paragonabile. A questo punto per ogni unità si può risalire all'input ottimale cioè budget ottimale efficiente da assegnare alla regione. In questo modo, sommando la somma dei singoli budget regionali, si ottiene il budget di spesa nazionale.
Il primo approccio è stato contrastato dagli accademici; il secondo approccio è stato sperimentato con dei miglioramenti sul budget di spesa ma non ha risolto il problema dell'individuazione del corretto budget da impiegare a livello aggregato. Il terzo modello è sostenuto da alcuni accademici ma io personalmente sostengo l'ultimo approccio che ancora non è stato proposto né trattato dai politici.,

venerdì 30 ottobre 2009

L'inerzia dell'advertising online


Visti i numeri che popolano la rete in molti si chiedono come mai il grosso del budget per l'advertising finisca sulla TV nonostante spesso abbia meno visibilità di certi siti ed inoltre non può sfruttare bene la targettizzazione degli utenti. In molti propongono una risposta parzialemnte sarcastica con cui si intende evidenziare che l'effetto della pubblicità è tanto maggiore quanto minore è l'attività dei neuroni dello spettatore. A parte questa simpatica risposta il problema è che in TV ci sono due grandi concessionari pubblicitari con una certa massa critica(uno facente capo alla TV di stato l'altro al gruppo Mediaset) mentre su internet il mercato è molto più frammentato e spesso caratterizzato dalla presenza di intermediari. In questo contesto il potere contrattuale della TV nei confronti del web è maggiore e riesce quindi a spuntare la contrattazione con chi è alla ricerca di spazi pubblicitari. Inoltre in un mercato a due attori la possibilità di accordi collusi è piuttosto alta. Ciò non toglie che la qualità dell'adverting online sia di gran lunga maggiore degli spot TV in quanto oltre ad essere targettizzati, e dunque più efficiente, permette di approfondire la relazione con il potenziale cliente portandolo sulla propria homepage dove può trovare maggiori informazioni. Senza considerare che ci sono pratiche molto diffuse di ottimizzazione che permettono di aumentare l'efficienza delle proprie campagne pubblicitarie on-line.

lunedì 26 ottobre 2009

IRAP


In un momento di crisi in cui l'economia stenta a partire si cerca in qualche modo di far aumentare la liquidità nelle imprese per far fronte alla contrazione degli ordinativi. E le tasse sono sempre il taglio preferito specialmente se accrescono il costo del lavoro come l'IRAP.
Sul fatto che le tasse siano sempre troppo ci sono varie scuole di pensiero: c'è chi pensa che siano così alte perchè c'è troppa evasione fiscale, ma c'è l'altra faccia della medaglia che è l'inefficienza della pubblica amministrazione.
Vista l'attuale situazione delle finanze dello stato se si recuperano le mancate entrate derivanti dall'evasione fiscale probabilmente queste saranno usate per riempire la voragine del debito pubblico e per ridurre le aliquote.
L'irap al suo interno include i contributi sanitari ed altre voci; ma alla luce degli scandali della sanità pubblica (Puglia, Abruzzo...) risulta difficile concepire il finanziamento per questa forma di malcostume.
Quindi il problema non è la tassa in se ma l'impiego di questi flussi finanziari.
Come può un piccolo imprenditore che si scontra tutti i giorni con le avversità del mercato concepire di privarsi di risorse per finanziare la propria attività per destinarle ad alimentare le inefficienze della pubblica amministrazione. Se un elevato prelievo fiscale garantisse servizi al territorio come nei paesi nordici offrendo migliori infrastrutture (banda larga, reti ferroviarie....) il peso delle aliquote sarebbe minore in quanto lo stato fornirebbe una contropartita, ma invece questo meccanismo virtuoso manca ed è inevitabile che nasca quest'allergia alle tasse.
D'altronde non è un caso che le consulenze fiscali siano le uniche in aumento!!!

lunedì 5 ottobre 2009

E' il mercato, bellezza! E' il mercato...

Il mercato è l'attore fondamentale dell'economia. E' il mercato che decreta chi ha successo e chi no, chi merita di sopravvivere e chi merita di chiudere. Il mercato muta e cambiano le sue esigenze per questo è importante individuarle e saperle soddisfare.
Ed è proprio dalla soddisfazione delle esigenze del mercato che si aprono le opportunità di business. Proprio individuando e sapendo soddisfare queste esigenze si può dar vita a nuove imprese.
Si può agire in vari modo; individuandole per primi ed avendo così il vantaggio del first mover; oppure facendo meglio dello stato attuale dell'arte magari sapendo veicolare le innovazioni sia di prodotto che di processo. C'è da dire però che il vantaggio del first mover in un mercato abbastanza efficiente è limitato temporalmente e si deve sfruttare al meglio la rendita di posizione ottenuta nel breve periodo per consolidare la propria posizione: dunque non adagiarsi sugli allori per il vantaggio ottenuto.
Trovato l'esigenza da soddisfare bisogna capire che valore riconosco i clienti per quella loro esigenza e quindi valutare la fattibilità della soddisfazione di questa necessità.
Per far questo serve confrontare il valore riconosciuto dai potenziali clienti con la propria struttura di costi per poter ipotizzare la profittabilità dell'attività. Proprio in quest'ambita conta l'idea del modo in cui si intende soddisfare l'esigenza e serve valutare l'efficacia e l'efficienza del proprio prodotto/servizio.
Se avete superato positivamente questo test ed avete trovato le persone giuste, cosa aspettate a scrivere i Business Plan?

martedì 29 settembre 2009

Quando il calcio è una questione politica

I mecenati del Calcio sono sempre meno e la transizione da sport a business si accentua sempre più.
Probabilmente più che una mutazione è una consapevolezza della sostenibilità economica di questa attività sportiva.
In passato per far quadrare i conti i Presidenti ricapitalizzavano le società calcistiche senza aspettarsi ritorni particolari ritorni. Ora, tranne qualche eccezione, questi mecenati non ci sono più e si diffonde sempre più la mentalità di far quadrare i conti per evitare spiacevoli insolvenze.
Fare affidamento sulle plus-valenze (rivalutazioni) dei giovani è un'operazione che implica un certo rischio e può richiedere tempo.
Allora molte società diversificano i ricavi e capitalizzando la società con investimenti immobiliari: gli Stadi di proprietà!
Vedendo anche come si comportano le società all'estero il modello può sembrare vincente se non fosse per il fatto che siamo in Italia e si sa in Italia è tutto più complicato.
Basti vedere alle recenti vicende della cittadella dello sport di Firenze e delle perplessità del suo nuovo sindaco.
Di fatto investimenti importanti che giustamente devono essere inquadrati in logiche di sviluppo della città ma d'altra parte anche la città deve andare incontro a chi ha dato per la società sportiva.
E la questione da economica e sportiva diventa politica....
Le amministrazioni devono compiere lo sforzo di capire l'esigenza di tali investimenti e devono essere capaci di saperli collocare sapientemente nel tessuto urbanistica della città.

sabato 26 settembre 2009

5 + 6 = 12 ; quando i Conti non tornano


Il titolo di questo post richiama il simpatico indovinello di due Conti che lasciano un messaggio in codice al loro maggiordomo.
Il messaggio appunto citava 5 + 6 = 12 così il maggiordomo non dubitando delle capacità algebriche dei suoi padroni non preparò la cena.
In questo caso l'errore dell'espressione algebrica rappresenta un codice e non una mancanza matematica.
In altri casi però con i numeri si spesso confusione; in particolare quando si stilano le statistiche. In particolare le statistiche sulla scuola. E questa volta non mi riferisco alle statistiche che stilano le classifiche degli atenei italiani ma alle classifiche sui laureati in Italia.
In uno studio del CENSIS per il World Social Summit 2008 risulta che in Italia il 33,3 % dei laureati è sottoccupato mentre se restringiamo l'ambito ai neolaureati la percentuale sale 48,4%.
Da questa statistica si potrebbe pensare facilmente che nel mercato dei laureati ci sia un eccesso di offerta (anche la mia personale esperienza mi porta a questa conclusione).
Ma perchè il Centro studi di Unioncamere del 2008 dice invece che servono ulteriori 42.000 laureati????
Queste statistiche sono assolutamente in contrasto. Da un lato si dice che i neolaureati sono sottoccupati dall'altro paradossalmente se ne vogliono di più.
Sembrerebbe che chi da lavoro vuole avere dei laureati per svolgere funzioni da diplomati; questo ha senso (da parte del datore di lavoro) solo se il laureato costasse come un diplomato; perchè a parità di costo probabilmente svolgerebbe il lavoro in modo migliore. Visione puramente miope poichè non si considera il fattore umano che un dipendente non motivato di fatto non rende in maniera adeguata alle sue possibilità.
Se questa è la motivazione che si estrae da queste statistiche, lasciamo tutti l'università ed andiamo a tentar fortuna con i provini per il "Grande Fratello" e "Uomini & Donne"....

venerdì 25 settembre 2009

Business Model Innovation Matters

Pubblico questa interessante presentazione tratta da slideshare sull'innovazione dei modelli di business dopo l'avvento di internet.

Exit Strategy?

Ora che sembra superata la valle della disperazione della crisi ed iniziano a comparire i primi segni + si sente un gran parlare di exit strategy.
Ma in realtà cosa è cambiato in Italia durante questa crisi?
Niente!
Prima di questa crisi molto dei nodi strutturali come freno dell'economia italiana e handicap per la competitività delle imprese nostrane.
Ma qualcuno li ha sciolti questi nodi??
Proprio oggi sono stato su un treno che è partiti da Milano e mi ha portato a destinazione con 180 minuti di ritardo!
Con la scusa della crisi si sono dati un po' di contentini quà e là per acquietare gli animi, il solito sperpero all'Italia: nessuna lungimiranza, nessuna selettività in quello che si è fatto.
Torneranno anche i segni + ma i problemi restano e le decisioni di politica economica vengono prese in base all'auditel e non in base a precisi piani per il futuro. E questo più che colpa dei governi centrali è colpa delle amministrazioni locali.
Nella mia provincia (ex cassa del mezzogiorno) le multinazionali venute con gli incentivi ora stanno lasciando il territorio perchè ora non hanno più da prendere lasciando a casa migliaia di lavoratori. Lasciano il territorio con la scusa della crisi ma sono aziende che fanno utili!!!! Non sono in perdita!!!! Hanno avuto una normale contrazione del giro d'affari dovuta chiaramente alla congiuntura, ma sono in attivo e non sono state vittime del credit crunch!!! E gli amministratori locali cosa chiedono? Di nuovo la cassa del mezzogiorno! Ma dico avete mai visto un medico curare un malato con la causa della sua malattia??
Avrei capito se qualcuno avesse avanzato pretese sulla restituzione opportunamente attualizzata dei sussidi presi al fine di reinvestirli sul territorio; invece questi lungimiranti politici chiedono sovvenzioni a pioggia! A spendere i soli degli altri sono bravi tutti!
Ci vuole una ventata d'aria fresca per risolvere questi problemi che rallentano non solo l'economia ma l'Italia stessa.

venerdì 11 settembre 2009

Internet, istruzioni per l'uso




Ecco il manifesto/istruzioni-per-l'uso redatto da alcuni blogger tedeschi:

1. "Internet è diverso" Il nuovo mezzo di comunicazione è molto differente rispetto agli altri media. Chi vuol lavorare nel campo dell'informazione deve adattare i propri metodi di lavoro alla realtà tecnologica di oggi invece di ignorare e contestare il mondo multimediale. Bisogna produrre prodotti giornalisti nuovi e migliori.

2. "Internet è un impero mediatico tascabile" Grazie a internet è possibile fare dell'ottimo giornalismo anche senza immensi investimenti. Il web riorganizza le strutture esistenti dei media abbattendendo gli antichi confini che esistevano tra giornali, televisione, radio etc.

3."Internet è la nostra società e la nostra società è internet" Wikipedia, YouTube e i social network sono diventati una parte della vita quotidiana per la maggioranza delle persone nel mondo occidentale. I mezzi di comunicazione, se intendono sopravvivere alla rivoluzione tecnologica contemporanea, devono capire i legittimi interessi dei nuovi utenti e abbracciare le loro forme di comunicazione.

4. "La libertà di internet è inviolabile" Il giornalismo del XXI secolo che comunica digitalmente deve adattarsi all' architettura aperta di Internet. Non è ammissibile che si limiti questa libertà in nome di interessi particolari commerciali o politici, spesso presentati come interessi generali. Bloccare parzialmente l'accesso a internet mette a repentaglio il libero flusso delle informazioni e il diritto fondamentale di informarsi.

5. "Internet è la vittoria dell'informazione" Per la prima volta grazie a Internet l'utente può scegliere realmente come informarsi e attraverso i motori di ricerca attingere a un patrimonio d'informazione immenso.

6. "I cambiamenti apportati da Internet migliorano il giornalismo" Grazie a internet il giornalismo può svolgere un'azione socio-educativa completamente nuova. Ciò significa presentare notizie in continuo cambiamento attraverso un processo inarrestabile. Chi vuol praticare il giornalismo deve essere stimolato da un nuovo idealismo e capire che le risorse offerte da internet sono un incredibile stimolo a migliorare.

7. "La rete richiede collegamenti" La rete è fatta di collegamenti. Chi non li usa si autoesclude dal dibattito sociale e ciò vale anche per i sitiweb dei tradizionali mezzi di comunicazione.

8. "Linkare premia, citare abbellisce" Chi fa giornalismo online deve offrire all'utente un prodotto sempre più completo. Linkare le fonti e citarle permette di conoscere direttamente e più ampiamente i temi di cui si dibatte.

9. "Internet è la nuova sede per il discorso politico" Il giornalismo del XXI secolo deve fare in modo che il dibattito politico si trasferisca sempre di più sulla rete così il pubblico potrà partecipare direttamente ai discorsi politici e dire la sua.

10. "Oggi libertà di stampa significa libertà d'opinione" I giornalisti non devono temere che la rete possa sminuire il loro compito di selezionare le notizie e informare. La vera dicotomia che invece internet realizza è quella tra il buon e cattivo giornalismo.

11. "Sempre di più: le informazioni non sono mai troppe" Sin dall'antichità l'umanità ha capito che più informazioni si hanno più è grande la libertà. Internet è il mezzo che può più di tutti può allargare la nostra libertà.

12. "La tradizione non è un modello di business" Come dimostra già la realtà odierna è possibile fare buon giornalismo su internet e guadagnare denaro. Non bisogna ignorare lo sviluppo tecnologico solo perché secondo alcuni distruggerà le aziende giornalistiche, ma bisogna avere il coraggio di investire e ampliare la piattaforma multimediale.

13. “Il diritto d'autore diventa un dovere civico su Internet” La rete deve rispettare il diritto d'autore, ma anche il sistema del copyright deve adattarsi ai nuovi modelli di distribuzione e non chiudersi nei meccanismi di approvvigionamento del passato.

14. "Internet ha molte valute" Il modo più tradizionale di finanziare i giornali online è attraverso la pubblicità. Altri modi per finanziare i prodotti giornalistici devono esseri testati.

15. “Cio' che rimane sulla rete resta sulla rete” Il giornalismo del XXI secolo non è più qualcosa di transitorio. Grazie alla rete tutto rimane nella memoria degli archivi e dei motori di ricerca e ciò fa in modo che testi, suoni e immagini siano recuperabili e rappresentino fonti di storia contemporanea. Ciò stimola a sviluppare un livello qualitativo sempre migliore.

16. "La qualità resta la più importante delle qualità" Le richieste degli utenti sono sempre maggiori. Perché un utente resti fedele ad un particolare giornale online, quest'ultimo deve garantire qualità e soddisfare le richieste del lettore senza rinunciare ai propri principi.

17. "Tutto per tutti" Internet ha dimostrato che l'utente giornalistico del XXI secolo è esigente e nel caso di un dubbio su un articolo è pronto a studiare la fonte per essere maggiormente informato. I giornalisti del XXI secolo che il lettore cerca non sono quelli che offrono solo risposte, ma quelli che sono disposti a comunicare e a indagare.

martedì 8 settembre 2009

Idea per uscire dalla crisi


Le crisi sono spesso dei buoni momenti in cui è possibile rivedere i processi interni e cercare di migliorarli spinti dalla necessità di reintepretare il mercato.
L'idea da usare è il crowdsourcing.
Idea in verità no nuovissima (datata 2006) ma che ora può passare alla ribalta per la sua capacità di interpretare le esigenze di un mercato turbolento.
Il crowdsourcing è un modello di business nel quale un'azienda richiede lo sviluppo di un progetto, servizio o prodotto ad una comunità distribuita e non organizzata in genere online. La rete assume ancora più valore perché assume la funzione di collettore di persone e di idee. Chi contribuirà alla realizzazione dell'idea riceverà in cambio una ricompensa per la collaborazione. Questo da un lato permette all'azienda di avere un costo certo per lo sviluppo di nuove idee ed avere idee più vicine al mercato perché vengono dal mercato.
Di fianco al crowdsourcing sta nascendo anche il crowdfunding cioè un fondo di finanziamento per idee di business tramite il piccolo contributo di molti portatori di interessi.

domenica 6 settembre 2009

The link enconomy


E' sempre più d'attualità la polemica tra gli editori di quotidiani online e gli aggregatori di notizie.
Io personalmente non capisco l'origine di questa polemica.
L'aggregatore di notizie non fa latro che veicolare una parte di audience verso le notizie dei quotidiani online.
Basti pensare a Google News: Google ha un bacino utenti pressoché immenso al quale rende disponibile il servizio di aggregatore di notizie. Quindi per un quotidiano online è importantissimo essere presente in questo servizio perchè si ha un maggiore visibilità nella rete ed anche una maggior possibilità di attirare nuovi visitatori e di conseguenza attirare più pubblicità.
Questo mio modo di vedere gli aggregatori di news è confermato anche dall'Economist (qui l'articolo) anche se più di definirlo "utile parassitaggio" lo definirei "commensalismo".

giovedì 27 agosto 2009

Chi sono i vostri clienti?

Conoscete i vostri clienti??? Ecco un interessante tool proposto da Forrester research per comprendere come si comportano i vostri clienti:




lunedì 3 agosto 2009

Conflitti d'interesse made in USA


Oggi si è dimesso dal CDA di Apple il CEO di Google Eric Schmidt.
Un abbandono dovuto, come dichiara lo stesso Schmidt, dall'espansione di Google, ormai in concorrenza anche con la società di Cupertino.
Gesto senz'altro nobile ma in qualche modo "consigliato" dalla FTC (federal trade commission) in quanto la legge antitrust non prevede che la stessa persona possa risiedere nella stanza dei bottoni di due compagnie concorrenti.
Quando dovremmo aspettare in Italia per avere una legislazione del genere?

sabato 1 agosto 2009

Intendere l'advertising online

L'advertising online nasce con i banner pubblicitari. Degli spazi di pagine web che sponsorizzano determinati servizi o prodotti che, tramite un click di mouse, rindirizzano l'utente sulla pagina web dello sponsor.
Questa prima forma di advertising ha creato grandi attese in quanto, grazie alle tecnologie internet, era possibile tracciare il percorso dell'utente vedendo così da quale altra pagina web proveniva.
Rispetto alla tradizionale paginona centrale della carta stampata era un grosso passo avanti.
Ma le aspettative con il tempo si sono ridimensionate molto perchè il cybernauta guardava il banner ma in rari casi clickava (si è accertato circa un 1% dei naviganti a fronte di un 5% molto ottimistico pensato da molte società del settore).
Da questo punto sono nati altri modi di fare online advertising: modi più innvativi non da un punto di vista tecnologico ma da un punto di vista della user experience.
Con l'esplosione del web i motori di ricerca hanno sempre più assunto un ruolo cruciale e sono diventati le pagine più visitate del web. Ma come poter sfruttare questo immenso bacino utente?
Vendendo le parole chiave delle ricerca.
Ad esempio se un produttore di sedie vuole fare pubblicità online può comprare la parola sedia su di un motore di ricerca e ad ogni ricerca in cui è coinvolta la parola sedia il sito istituzionale del produttore comparira tra i primi della lista dei risultati. In questo modo aumenta molto l'efficacia dell'advertising incontrando le esigenze del cliente.
Quindi sembrerebbe il banner obsoleto ormai, ma io credo di no perchè se in fondo si continua a pagare profumatamente i paginoni centrali dei quotidiani perchè non si può ugualmente pagare un sito internet che ha anche un bacino di utenza maggiore e permette di approfondire la pubblicità rimandando l'utente al sito?
Ovviamente l'inserzione deve essere opportunamente tarata sul tipo di target dell'inserzione: i lettori dei giornali cartacei sono molto eterogenei mentre i naviganti sono un po' più omogei (quantomeno per le fascie di età).
Quindi il banner può servire per aumentare la riconoscibilità e l'attrattività del brand più che intercettare nuovi probabili consumatori.

Nozze tra Microsoft e Yahoo

Dopo 18 mesi prende forma l'accordo tra Microsoft e Yahoo.
Quella che inizialmnete era stata concepita come un'acquisizione abbastanza ostile si è strasformata in un'alleanza strategica per contrastare il colosso di Mountain View sull'advertising online.
La durata dell'ìaccordo tra i due player è di 10 anni e lo scopo èquello dis fruttare sinergie nell'advertising online e di cercare di raggiungere una massa critica tale da contrastare Big G nel mercato dei motori di ricerca.

lunedì 27 luglio 2009

L'informatica è sempre più in to the cloud


Questo post è la formalizzazione di una serie di pensieri ed osservazioni.
Il tutto parte da un progetto realizzato per l'università in cui studio sulle applicazioni del cloud computing per ,o sviluppo del software.
La seconda osservazione è scaturita a fronte del furto del notebook personale di un mio amico si lamentava più per la perdita dei dati che per il valore del bene.
Infine un'ultima osservazione è nata analizzando il mercato dei cosiddetti netbook.
Mettendo insieme tutti questi elementi mi è venuto in mente di azzardare alcune ipotesi.
Con i netbook si perde il focus sulle èprestazioni dell'hardware ed aumenta l'importanza dlela connettività alla rete. In questo modo si pone al cnetro dell'attenzione dell'utente la rete che offre anche applicazioni (molte in verità), capacità di stoccaggio della memoriae nuove opportunità di business.
Proprio a fronte di quest'analisi posso spiegare come le osservazioni fatte cnetrano con questo tema.
Pensiamo al furto del notebook personale: gli applicativi installati sono quelli classici, un foglio elettronico, un programma di videoscrittura, qualche client per giochi online e soprattutto molti dati. Il foglio elettronico e il programma di videoscrittura sono facilmente sostituibili da servizi online (basti pensare a quelli offerti da Google) i client dei giochi online sono per loro natura nativi in internet ed il supporto su cui gira il client normalmente non è un grosso problema. il problema sono i dati ma se consideriamo le moderne tecnologie di cloud computing possiamo accedere ai nostri dati più personali e riservati senza che essi siano fisicamente sul nostro pc.
Dunque, se non si hanno particolari esigenze di software avidi di capacità di calcolo e memoria, adottando un netbook, tra l'altro dal costo ridotto, ed utilizzando le tecnologie di storage messe a disposizione dal cloud computing, dagli applicativi online i netbook possono sostituire perfettamente un normale notebook. Ed inoltre in caso di furto si perderebbe solamente l'hardware che tra l'altro ha un costo ridottismo.

lunedì 20 luglio 2009

Pubblicità o minifiction?



Quanti di voi guardando gli spot pubblicitari delle compagnie telefoniche si sono lasciati prendere dalle vicende di "Fiammetta" o dal "ghiacciolo sciolto di Aldo"???
Guardando i gruppi su facebook sembra che i telespettatori siano più interessate alla trama degli spot più che all'offerta stessa del fornitore del servizio.
Ciò può sembrare strano perchè la trama dello spot mette in secondo piano il messaggio dello spot stesso. Poi con gli spot successivi viene a crearsi una sorta di fiction.
Questo avrebbe senso se servisse a creare un'immagine per il brand ma nel caso della telefonia questo ha poco senso. Essendo la telefonia mobile una commodity indifferenziata tra i vari gestori, l'unica differenziazione è appunto sul prezzo del servizio, credo che pochi siano disposti a pagare un surplus di prezzo perchè si riconoscono nell avventure di Fiammetta e la sua Band.....

venerdì 17 luglio 2009

Che le Banche tornino a fare le Banche....

La morsa del credito blocca la ripresa? Mancano finanziamenti per far ripartire l'economia?
Una parte di questa colpa è da imputare la modello di business adottato dalle banche.
Prima una banca era radicata sul territorio, conosceva i correntisti, conosceva chi chiedeva il fido o un mutuo: sapevano che realtà e che storia avevano alle spalle.
Forse la colpa è anche di Basilea II che ha la pretesa di conoscera un'azienda mediante un rating, un indicatore un po' troppo sintetico spesso ottenuto copiando ed incollando dei bilanci su un foglio excel, non importa che sia la più grande holding o il piccolo artigiano.
Aggiungiamo il fatto che le banche si sono fatte prendere la mano dai facili guadagni promessi da prodotti finanziari che neanche chi li ha progettati ha pensato a come funzionano ed a cosa servono.....
Ed il rapporto con i clienti che fine ha fatto?
In Italia c'è una prassi di malcostume chiamata evasione che sfugge ai modelli di rating (altrimenti non sarebbe evasione) il che rende imprese che non fallirebbero mai a rischio di default; ma queste cose il direttore della banca cooperativa o della cassa di risparmio di una delle lontane provincie italiane lo sa e ne tiene conto quanto deve effettuare un finanziamento, invece il rating no. E quindi non vede una parte della realtà aziendale!
Inoltre il processo di consolidamento del mercato del settore bancario a portato a dei colossi che (apparentemente) danno più sicurezza ai correntisti (troppo grande per fallire) ma che ha perso il contatto con i suoi clienti e cercando guadagni in settori dove non opera tradizionalmente.
Invece di fare guadagni sulle commissioni delle varie transazioni e sugli interessi dei prestiti si sono lanciate in azioni di brookeraggio e trading, cose più adatte ad altri istituti che a banche commerciali.
Non voglio dire che si deve erogare finanziamenti a tutti, ma a ragionare su cosa finanziare; valutare l'idea imprenditoriale, la solidità patrimoniale e reddituali e perchè no anche la persona stessa che viene a chiedere un finanziamento.
A tal proposito mi viene in mente un aneddoto: il giovane Steve Jobs fu costretto a tagliarsi barba e baffi per acquistare credibilità verso le banche che dovevano finanziare la sua idea imprenditoriale.
In questo aneddoto non si è parlato di rating anche perchè l'impresa doveva ancora nascere!!!!
Si parla di credibilità della persona, di un 'idea e di come questa idea può fare soldi.
In futuro i Business Plan dovranno assumere sempre più importanza e tornare a guardare alla solidità industriale di un'iniziativa.

mercoledì 15 luglio 2009

Google lancia il suo sistema operativo ed inizia la lotta con Microsoft

Google lancio il suo sistema operativo, si chiamerà Google Chrome OS.
Nasce interamente con l'idea di inserire un sistema operativo dentro un browser e sfruttare dunque le applicazioni che si trovano nel mondo internet (applicazioni di Big G in particolare). Velocità semplicità e sicurezza sembrano essere i punti di forza del sistema operativo pronto a scardinare il paradigma Windows cambiando il terreno della competizione spostandolo sul web.
Vediamo come va a finire....

sabato 11 luglio 2009

Lezione di economia politica:



















Pubblico questo divertente post, forse già conosciuto, per sdrammatizzare aspettando le ferie:

TITOLO: Hai due mucche

SOCIALISMO: Hai 2 mucche.
Il tuo vicino ti aiuta ad occupartene e tu dividi il latte con lui.

COMUNISMO: Hai 2 mucche.
Il governo te le prende (i TUOI "compagni") e ti fornisce (a sua discrezione)il necessario per vivere.

FASCISMO: Hai 2 mucche
Il governo te le prende e ti vende il latte.

NAZISMO: Hai 2 mucche.
Il governo prende la vacca bianca ed uccide quella nera.

DITTATURA: Hai 2 mucche.
La polizia te le confisca e ti fucila.

FEUDALESIMO: Hai 2 mucche.
Il feudatario prende metà del latte e si tromba la tua morosa.

DEMOCRAZIA: Hai 2 mucche.
Si vota per decidere a chi spetta il latte.

DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA: Hai 2 mucche.
Si vota per chi eleggere la persona che decidere a chi spetta il latte.

ANARCHIA: Hai 2 mucche.
Lasci che si organizzino in autogestione.

CAPITALISMO: Hai 2 mucche
Ne vendi una per comprare un toro ed avere dei vitelli con cui iniziare un allevamento.

CAPITALISMO SELVAGGIO: Hai 2 mucche.
Fai macellare la prima ed obblighi la seconda a produrre tanto latte come 4 mucche. Alla fine licenzi l'operaio che se ne occupava accusandolo di aver lasciato morire la vacca di sfinimento.

BERLUSCONISMO: Hai 2 mucche.
Ne vendi 3 alla tua Società quotata in borsa, utilizzando lettere di credito aperte da tuo fratello sulla tua banca. Poi fai uno scambio delle lettere di credito, con una partecipazione in una Società soggetta ad offerta pubblica e nell'operazione guadagni 4 mucche beneficiando anche di un abbattimento fiscale per il possesso di 5 mucche. I diritti sulla produzione del latte di 6 mucche vengono trasferiti da un intermediario panamense sul conto di una Società con sede alle Isole Cayman, posseduta clandestinamente da un'azionista che rivende alla tua Società i diritti sulla produzione del latte di 7 mucche. Nei libri contabili di questa società figurano 8 ruminanti con l'opzione d'acquisto per un ulteriore animale. Nel frattempo hai abbattuto le 2 mucche perchè sporcano e puzzano. Quando stanno per beccarti, diventi Presidente del Consiglio.

PRODISMO: Hai 2 mucche.
Tu le mantieni, il governo si prende il latte e ti mette una tassa su:

- Metri cubi della stalla
- Inclinazione del tetto della stalla
- ICI
- Lunghezza della mangiatoia (da collaudare ogni semestre)
- Bollino blu sulla stalla (con cadenza mensile)
- Revisione bimestrale delle mucche
- Registrazione delle mucche con atto notarile
- Registrazione delle mucche a pubblico registro
- Obbligo di un capo mucca responsabile per la 626
- Obbligo di un capo mucca responsabile per i vigili del fuoco
- Bollo da calcolare in base al peso della mucca (5,258 € al Kg se la lunghezza del pelo rispetta l'euro 5)
- IVA sull'acquisto di acqua e fieno per la mucca
- Tassa sulla compravendita della mucca + IVA
- Tassa sulla donazione della mucca + IVA
- Canone RAI (obbligatorio) + IVA
- Canone Telecom (obbligatorio) + IVA
- Tassa sulla morte della mucca
- Tessera sindacale per il sindacato delle mucche (14,37 € al mese + tredicesima!!)
- Fondo pensionistico da versare all'INPS, per il sindacalista delle mucche
- IVA sul latte !!!
- IVA sulla mucca
- Marca da bollo annuale di 24,256 € per ogni zampa della mucca

A TE rimane lo sterco!!! Nel frattempo è in approvazione un disegno di Legge sulla tassazione dei rifiuti organici animali.

venerdì 19 giugno 2009

Il Turismo come industria





















Arriva l'Estate e si pensa subito alle vacanze.
Mi viene da pensare al lavoro degli operatori turistici e degli organi istituzionali di competenza.
Infatti da poco (relativamente) è stato istituito il Ministero del Turismo; e cosa dovrebbe fare questo ministero? Promozione?
Ma è possibile che quando si parla di turismo l'unica cosa che viene in mente sia la promozione?
Io piuttosto riconsidererei le priorità in questo settore che può tanto ma che in Italia ha subito gravi flessioni.
Ad esempio a livello locale si dovrebbe elaborare una propria strategia cercando di delineare:
  • Clienti: ovvero identificare il target che frequenta il territorio o eventualmente a cui ci vogliamo rivolgere. L'identificazione del target ci aiuta nel comprendere i due sucessivi punti.
  • Esigenze: il turista identificato come "ideale" che necessità deve soddisfare? appare chiaro che i giovano abbiamo delle esigenze diverse da famiglie o anziani proprio per la loro natura intrinseca.
  • Aspettative: capire cosa si aspettano da noi e per quale motivo ci hanno scelto; questo punto può esssere visto come un rafforzamento del differenziale competitivo della località o se manca all'individuazione di una strategia che porti alla creazione del differenziale competitivo.
Una volta delineato il profilo del "turista ideale" si può passare alla creazione dell'offerta turistica sia in termini di pacchetto di soggiorno (magari in collaborazione con qualche grande tour operator) ma anche al piano di attività proposte (per il breve periodo) ed investimenti da fare (in ottica lungo periodo). Dopo questo si può passare a fare una promozione altamente targettizzata sul "turista ideale".
Un approccio di questo genere se corretamente interpretato può portare a dei benefici di immagine ed ad una fidelizzaizone del cliente che nel campo del turismo, come in molti latri, costa meno che acquisire un nuovo cliente.
Fin quì tutto torna!
Il problema è che tutto ciò si verifica in pochissime località della nostra penisola.
Quindi più che fare promozione perchè le istituzioni adibite a questo settore non si mobilitano per portare una visione strategica nel frammentato settore turistico (per lo più a conduzione familiare)?
A livello centrallizzato al massimo si può fare promozione per il brand Italia non certamente per le singole località, come viene fatto da ENIT (Ente Nazionale Italiano per il Turismo) nello spot pubblicitario seguente.
Inoltre una considerazione interessante da fare è che con i costi necessari per fare una campagna di promozione efficace potrebbe risultare conveniente puntare sulla fidelizzazione del cliente, il che porterebbe a dei costi di mantenimento della clientela più bassi.


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