Benvenuto

Ti rigrazio per essere entrato nel mio Blog!
Buona lettura...

mercoledì 22 dicembre 2010

L'Italia non è il paese delle liberalizzazioni

Nel prossimo anno assisteremo alla liberalizzazione di fatto del trasporto ferroviario dei passeggeri. 
Molte sono le perplessità riguardo questo provvedimento, la maggiore riguarda l'apertura alla concorrenza delle tratte più redditizie. Queste tratte sono attualmente utilizzate dall'incumbent per la sussidiazione incrociata di tratte in perenne perdita ma che devono essere garantite per il mantenimento del servizio universale. I newcomer non sono tenuti ad assolvere l'onere del servizio universale.
Tuttavia l'Incumbent ha il vantaggio di poter gestire indirettamente la Rete decidendo le politiche di pricing per l'accesso alla rete. 
Questa liberalizzazione sembra fatta proprio con i piedi!
Per prima cosa non si è preso il classico provvedimento della scissione proprietaria della rete da quella di chi eroga il servizio (cosa che è accaduta nel mercato dell'energia elettrica con buoni risultati, sembrava brutto copiare qualcosa che funzionasse già). In questo modo il pricing per l'accesso alla rete ed agli slot sarebbe stabilito da un'authority o dagli equilibri di mercato (banalmente attraverso un'asta a rialzo degli operatori evitando la formazione di accordi collusivi).
Rimane però la problematica correlata al servizio universale.
Esistono varie soluzioni al problema comunque migliori rispetto a quella attuata. Ad esempio si può pensare di affidare il servizio tramite gara (come avviene già in alcune regioni) in cui il driver principale di valutazione dovrebbe essere il livello di servizio e successivamente il prezzo, ad esempio in Germania circa il 20% del trasporto ferroviario passeggeri è stato messo a gara e l'incumbent ha perso oltre la metà dei bandi.
Rimane da capire perchè non siano state approfondite queste tematiche.

sabato 27 novembre 2010

The best way to kill internet

I geniacci dell'AGCOM hanno pensato di "regolamentare" i siti internet in concorrenza con la radiodiffusione televisiva (per maggiori info clicca qui).
Ma cosa significa?
Nuove tasse, nuovi adempimenti e più burocrazia.
Direi esattamente ciò di cui nessuno ha bisogno in questo tempo periodo di bassa liquidità e bassa produttività. Erodere i margini e rubare tempo alle attività produttive sono la cosa che riesce meglio ai legislatori italiani. Peccato che il tutto sia una grossa inefficienza del sistema Paese Italia.
Con questi provvedimenti come possiamo lamentarci che il Digital Divide sia troppo elevato?
Come possiamo pretendere investimenti sulla Fibra Ottica se poi gravano come macigni questi provvedimenti che minano la competitività e la sostenibilità della attività imprenditoriali che dovrebbero garantire il ritorno da questi investimenti?
Già la radiodiffusione televisiva è stata graziata in passato con il Digitale Terrestre (per saperne di più leggi questo mio vecchio post) ora con questi provvedimenti si vuole decisamente ostacolare ed osteggiare le nuove iniziative sul web.

giovedì 11 novembre 2010

Comunicato Stampa Programma Ego - Vincitori


Con grandissima soddisfazione ieri sera (Mercoledì 10 Novembre 2010) ho ricevuto il premio del "Programma Ego" della  Fondazione Lars Magnus Ericsson.
Un sincero ringraziamento ai compagni di questa avventura: Massimiliano Miglio, Andrea Bichiri, Simone Pasculli e tutte le persone che mi sono state vicine in questo periodo.

Di Seguito riporto un estratto del comunicato stampa:
"Nel corso della serata saranno anche premiate le 3 nuove start-up vincitrici del Programma Ego 2010-2012, giunto alla quarta edizione. Con il progetto “Cicerone Travel Assistant”, la start-up CST Advising di Alessandro Palestini, Massimiliano Miglio, Andrea Bichiri e Simone Pasculli si propone di offrire un servizio integrato all’utente in mobilità, per soddisfare la necessità di informazioni turistiche durante un viaggio di lavoro o una vacanza di piacere. L’elemento di innovatività è rappresentato dall’utilizzo di un motore semantico che attraverso tecniche di intelligenza artificiale abilita ricerche concettuali più evolute rispetto al normale impiego di parole chiave nei motori di ricerca tradizionali."

mercoledì 27 ottobre 2010

L' "auto"-assoluzione Italiana

Dopo l'intervento di Marchionne di Domenica scorsa ho seguito le principali reazioni nel panorama italiano. La reazione degli Italiani, e specialmente dei politici italiani, alle dichiarazioni di Marchionne mi hanno lasciato alquanto perplesso.Una complessiva auto assoluzione da ogni parte politica alle accuse avanzate dall'Amministratore Delegato di FIAT del tutto infondata ed a tratti puerile ed acritico (simbolo anche della bassa qualità dei politici Italiani). Tutti fermi sulle proprie posizioni, proprio quelle posizioni che hanno fatto sentire maggiormente la crisi, ovviamente la crisi l'hanno sentita solo i giovani perchè chi ha il potere ha innalzato le giuste difese ribaltando tutto l'uragano sui giovani. Ma questa è un'altra storia.
Nessun politico ha cercati di comprendere la critica del Manager FIAT, chiedendosi perchè l'Italia sprofonda anno dopo anno in ogni classifica internazionale. Sprofondiamo non solo nelle classifiche citate da Marchionne (118° posto su 139 nella classifica dell'efficienza del lavoro, 48° posto nella competitività economica) ma anche nelle classifiche dell'istruzione (Test PISA dell'OCSE), nelle classifiche sull'efficienza della Giustizia e così via....
Nessun politico propone rimedi per questi dati preoccupanti ma si ostentano a difendere una posizione indifendibile non capendo neanche quale sia esattamente il nocciolo del problema.
In un periodo di crisi come quello attuale non abbiamo assistito a nessun tipo di riforma radicale in grado di far sperare in un qualche tipo di ripresa, abbiamo assistito soltanto all'immobilità di una classe politica impreparata ad affrontare dei problemi strutturali ben noti del "Sistema Italia".
Questo spiega molte cose...

di seguito i video dell'intervista a Sergio Marchionne:



giovedì 30 settembre 2010

l'inutile ribellione

Condivido questo eccellente articolo che approvo in pieno preso da Il Post redatto il 23 settembre da Marco Simoni:

La solfa della ribellione è una stronzata


Il titolo è insolito ma necessario, per sottolineare e spiegare meglio quanto ho scritto in maniera troppo criptica e indiretta nel pezzo di un paio di giorni fa. In realtà, nonostante la sintesi, alcuni commenti di critica al mio pezzo hanno colto bene quel che intendevo dire e mi preme ribadirlo in maniera più diffusa.
Uno dei primi passi concettuali da fare, secondo me, per arrivare a un rapporto diverso della società e del suo discorso pubblico con le generazioni dei giovani adulti italiani è quello di liberarsi della solfa della ribellione. Si tratta di una stronzata, come da titolo, che ha l’unica pessima funzione di contribuire a di tenere i giovani adulti italiani in uno stato di perenne giogo e subalternità intellettuale rispetto agli adulti anziani e vecchi che ancora muovono i fili delle decisioni in Italia.
Infatti, questa retorica della ribellione è un prodotto della subcultura degli anni settanta, ossia dei luoghi comuni più triti e conformisti, secondo cui una immaginaria generazione a cavallo dei sessanta e settanta avrebbe conquistato grandi diritti che successivamente sono stati mano mano tolti alle generazioni successive, imbelli e anche un po’ imbecilli. Da un punto di vista giuridico, questa è una fesseria. Il cosiddetto statuto dei lavoratori, che contiene la serie fondamentale di diritti del lavoro negata alle generazioni giovani, è largamente un parto della cultura politica socialista, del PSI, ed è il portato di rivendicazioni e lotte sindacali decennali che negli anni sessanta, grazie ad un mutato contesto politico e sociale, al boom industriale e, soprattutto, all’esistenza della democrazia rappresentativa, hanno avuto la possibilità di essere tradotti in legge.
Non discuto qui le conquiste degli anni Sessanta e Settanta sul piano dei costumi – ammesso che abbia senso chiamarle conquiste – derivate dalla ribellione della generazione degli attuali anziani. Sarebbe anche interessante capire cosa ci fosse di così eroico nell’usare la liberta individuale, garantita dalla democrazia, per fare cose che in tempi diversi, e senza democrazia, i loro genitori non avevano potuto fare. Ma appunto, non ne discuto perché è un tema diverso.
Qui si sta discutendo invece di quell’artificio retorico, spesso usato dagli anziani ma a volte anche dai giovani adulti, come alcuni commentatori del mio post di ieri, secondo cui in fondo in fondo la responsabilità della situazione di giogo ed oppressione, economica e sociale, a cui sono sottoposte le generazioni giovani in Italia è degli stessi giovani e della loro incapacità di ribellarsi. Tralasciamo la questione della sindrome di Stoccolma, o dell’inversione dell’onere della prova. Quando mai la responsabilità, la colpa, di soprusi, umiliazioni o, più semplicemente, ingiustizie, è di chi le subisce? Quale colpevole spregio della logica e della realtà è necessario compiere per affermare queste cose? Oppure quale transfer psicologico e profonda sudditanza nei confronti della generazione precedente, quella che invece sì, si sarebbe ribellata. Ma quando si è ribellata? A chi si è ribellata, ottenendo cosa? Questo non viene mai discusso, confondendo la lotta di classe – che è esistita e tramontata per ragioni che non hanno nulla a che vedere con le generazioni – con le diversi classi di età. E non si riflette neanche sul fatto che se esistono le ingiustizie e le oppressioni, la ragione tecnica – stiamo quindi entrando nel campo delle tautologie – è che c’è qualcuno che opprime, c’è qualcuno che perpetra l’ingiustizia. Per opprimere bisogna avere potere, essere più forti, avere capacità di ricatto: senza quella forza nessuno può opprimere. Molto spesso, innanzitutto, se non ci si ribella è perché non ci si può ribellare, perché non si è nelle condizioni di fare altro.
Una delle ragioni fondamentali del fatto che in Italia i giovani stanno male, per essere sintetici, poi certo ci sono le eccezioni, ed hanno una prospettiva meno rosea di quella dei propri genitori all’età loro, è che l’economia italiana non cresce. Non cresce, e quindi ci sono meno posti di lavoro. Ci sono meno posti di lavoro e quindi per ogni posto ci sono cinquanta candidati e il salario, e le condizioni di lavoro di quello che effettivamente prende il posto sono peggiori. Il lavoro gratis all’università e negli studi professionali, il praticantato sfruttato, non sono una novità. La novità è la loro estensione e il fatto che non finiscono mai. E la ragione principale di questo è che l’economia è ferma da venti anni. E una delle ragioni principi di questa stagnazione è il debito pubblico enorme, galattico, esagerato, che l’Italia ha accumulato negli anni ‘80, per cui non c’è una lira per fare nulla: non c’è una lira per la metropolitana in più che serve, non c’è una lira per la ricerca, non c’è una lira per un nuovo piano di investimenti nella green economy, non c’è una lira. Poi, non è esattamente così, nel senso che una politica economica migliore potrebbe anche essere fatta. Ma non attraverso la creatività che finora ha dimostrato la classe politica. Ma anche questo è un altro discorso e un altro dibattito.
Ad ogni modo, il debito pubblico sta là e l’Italia all’inizio degli anni ’90 stava collassando, e i decisori politici, sindacali, industriali, hanno deciso di scaricare il costo del collasso evitato sui giovani. Come? Chiedendo loro di tirare la cinghia. Non dando loro alcun servizio di assistenza (indennità di disoccupazione e asili nido), tagliando le loro pensioni, flessibilizzando il loro lavoro. Naturalmente, questo non bastava a risollevare l’economia, ma basta a galleggiare e si galleggia da vent’anni.
Ora, quando mi riferivo alla generazione della responsabilità e dei sacrifici, mi riferisco all’atteggiamento medio che io, senza statistiche ma con strumenti di stima spannometrica e aneddotica, posso testimoniare, e credo vada apprezzato e sottolineato. Parlo della maturità con cui le generazioni degli anni Settanta e Ottanta, prive delle ideologie irresponsabili e immature dei loro genitori, hanno affrontato la situazione che si sono trovati a vivere. Maturità, serietà e spirito di sacrificio che non c’entrano nulla col fatto che non si tratta di una situazione scelta ma di una situazione imposta. Pur nella enorme diversità, anche la generazione dei loro nonni si trovò – durante e immediatamente dopo la guerra – in situazione di grandi difficoltà, individuali e collettive, affrontate con la stessa tenacia e serietà, con pochi fronzoli e grilli per la testa, e il risultato di far diventare l’Italia un paese ricco. Anche loro non si scelsero quei sacrifici, non per questo rimangono sacrifici di minor valore, al contrario. Vogliamo paragonare i risultati delle generazioni nate negli anni ‘10-‘30 a quelle nate negli anni ‘30-‘50? No, ecco, è meglio non fare paragoni tra le generazioni.
Infatti, quello che sostengo non ha alcun bisogno di paragoni, ma solo di un po’ di onestà intellettuale. È necessario riconoscere e valorizzare la maturità, la serietà e il valore sociale del lavoro svolto oggi dalle generazioni dei giovani adulti, caratterizzato da grandi sacrifici che hanno contribuito ad evitare il collasso del paese. Un lavoro svolto in condizioni personali e sociali molto difficili. Qualora si sottostimasse invece il lavoro svolto, si ignorasse l’importanza e il valore di quei sacrifici, sarebbe allora il tempo della reazione.
La protesta dei ricercatori di Bologna, caso raro in cui un gruppo di persone relativamente giovane è riuscito a sottrarsi ai tanti ricatti individuali ed è riuscito ad organizzare una azione collettiva, proprio per questo è emblematico: perché è una protesta che ha al centro l’orgoglio per la funzione indispensabile da essi svolta per la propria istituzione, funzione che non può essere ignorata, o trattata con alzate di spalle come hanno fatto le autorità accademiche, umiliando una volta in più l’istituzione che dovrebbero tutelare.
Dunque, per portare alle giuste conseguenze, tra le quali può essere la protesta, ma c’è anche il voto, la partecipazione politica, l’espressione pubblica delle proprie idee, eccetera, il proprio orgoglio per il contributo che si da al proprio paese, e alla sua economia e società, bisogna innanzitutto avercelo, l’orgoglio. Avere la consapevolezza che se già l’Italia annaspa, senza i sacrifici dei suoi uomini e donne più giovani lo stivale sarebbe affondato nel Mediterraneo da un pezzo, lasciato nelle mani degli attuali leader diffusi. L’orgoglio deriva allora da questa consapevolezza, e le fuffe sulla ribellione che, a differenza del passato, mancherebbe, vanno gettate nel luogo che meritano da cui il titolo di questo post."

sabato 25 settembre 2010

Lo spazio delle Start-up in Italia

Nelle settimane scorse, dopo la lettere aperta dei fondatori di Mashape, si è scatenato un interessante dibattito sulle possibilità di fondare Start-up in Italia.
Nello stesso periodo sono stati pubblicati i risultati del'EU Regional Competitiveness Index che mostra gli indici di competitività di ogni regione dell'UE ed i risultati del sistema Italia non sono stati del tutto brillanti. 
Questo potrebbe far credere che i ragazzi di Mashape abbiano ragione ma invece ho avuto modo di vedere che qualcosa si sta muovendo.
L'attuale congiuntura economica ha fatto riscoprire l'importanza delle Start-up, del loro ruolo nel veicolare nell'innovazione nel mercato, nel creare posti di lavoro qualificati e nello sviluppo di nuovi prodotti/servizi.
Per esperienza personale ho assistito a molte iniziative per stimolare lo Start-up di nuove iniziative imprenditoriali.
Da convegni, corsi e dibattiti fino a Start-up competition che mettono in palio un discreto quantitativo di finanziamenti per coltivare la fase di seed dello Start-up.
Certo il missmatch tra domanda ed offerta è molto alto ma con una buona idea, le giuste competenze ed un business plan accurato si può accedere ai premi in palio.
Spesso però anche allo stesso Working Capital di Telecom si vedono idee poco innovative, dalla dubbia fattibilità ed a volte perfino off-topic.
Se si continua su questa strada forse anche in Italia si vedranno start-up di successo!!!!!

giovedì 9 settembre 2010

Lettera aperta all’Italia, investitori e startup

“Dove credete di andare, avete solo 19 anni e siete in Italia.”
Vorrei prima di tutto ringraziare Davide per opportunità datami nel cercare di spiegare certi meccanismi di questo paese chiamato Italia.
Ciao a tutti, sono Augusto, co-founder di Mashape, una startup in Silicon Valley che vuole rivoluzionare il modo di creare applicazioni web e mobile. Ma facciamo un passo indietro a quando eravamo dei bambini inconsapevoli che volevano giocare a fare i grandi “siamo ancora dei bambini, e giochiamo e ci divertiamo come loro, solo che adesso abbiamo un po di barba :-) “.

A 18 anni fondai MemboxX, il primo sito italiano di online storage di documenti e password. Andò bene, raggiunse un buona massa critica, ma non sapevo niente di business, Venture Capital, né di finanziamenti… niente di niente. Non sono mai riuscito a monetizzarlo. In quei mesi comprai un libro: “Google e gli altri” che narrava nel dettaglio la storia di Google e della Silicon Valley. Mi si accese una lampadina e da quel giorno ho detto: “Lì voglio andare, lì potrei forse creare grande valore”. Era il 2007 ora siamo nel 2010 e sono finalmente sbarcato a San Francisco grazie a Mashape; cofondata con Marco Palladino e Michele Zonca, qui abbiamo preso il nostro investimento dai YouTube guys. Questo processo non e’ stato facile, altri avrebbero mollato molto prima.
Avete presente quando siete in una stanzetta piena di persone, e l’aria si inizia a fare pesante… ma alla fine si apre la porta e entra una ventata di aria fresca e riniziate a respirare a pieni polmoni come se quello fosse stato il vostro primo respiro? Be, questo è quello che è successo a noi, nelle ricerca disperata di finanziamenti in Italia durata per 2 anni; e poi l’America, investimento, quella porta che si apre… ricominci a vivere e credere che forse non eri del tutto un idiota pazzo.
Tu sei il mio paese, Italia; ci sono nato e cresciuto, qui ho i miei ricordi più importanti, qui mi sono formato, è come il primo amore che non si dimentica mai. Ma come tutte le più belle storie di amore prima o poi finiscono. In questi due ultimi anni insieme ho capito molto di te, ho capito molto più di te in questi ultimi due anni che prima.
Nel 2008 abbiamo iniziato a cercare i finanziamenti per Mashape, eravamo solo io e Marco all’epoca, poi nel 2009 si è aggiunto Michele e via su e giù per lo stivale… per 2 anni. Ora 2 anni per uno che ne aveva 19 sono piu del 10% della sua vita spesa a rincorrere ideologie che in questo paese non esistono.
Vedi Italia se vuoi diventare un pease leader devi prima risolvere dei problemi alla base, e dove anche ci fosse la volontà, ricordati che ci vogliono decenni non mesi. A Roma in una famosa piazza c’è scritto in gigante: “…un popolo di combattenti, navigatori, esploratori, poeti, avventurieri, scrittori, viaggiatori, ed eroi”. Questa frase mi fa sentire orgoglioso, perché è vero, lo eravamo… ma se penso ad adesso e a tutti quelli investitori&vari che ho incontrato in questi due anni, (circa 50 persone) vi posso dire con rammarico che quel popolo non esiste più.
Ogni volta che andavamo a chiedere i finanziamenti, la risposta era sempre la stessa: avete solo 19 anni. Il problema è che questo immenso vantaggio loro lo vedevano come un ostacolo. Mi dicevano che non eravamo in grado di far crescere una società ed è vero probabilmente non sono in grado, ma qui stiamo parlando solo di farla partire… se poi crescerà chiamerò chi è più bravo di me. Dove non arrivo, delego e do fiducia ad altri più in gamba.
Probabilmente si sono anche dimenticati gli ultimi 4000 anni di storia. Da Alessandro Magno a Mark Zuckerberg le più grandi talentuose opere sono state fatte da under 30. Mentre io a 19 anni andavo a rompere le scatole su e giù per l’Italia, Alessandro Magno comandava 200.000 soldati, conquistò l’Asia e scese giù in Egitto dove si fece incoronare faraone. Aveva appena compiuto 21 anni. Oggi non si combatte più… gli imperi di una volta oggi si chiamano multinazionali, gli eserciti sono diventati team di persone. Oggi l’Asia la conquisti con Facebook che tira su 15 milioni di asiatici (signup) al mese. Oggi Alessandro si chiama Mark, e guarda caso entrambi iniziarono molto presto. Nel tardo ottocento un giovanotto, immigrato italiano, di nome Amadeo iniziò a fare il banchiere in California con un carro di frutta, quel banchiere fondò la più grande banca del mondo che oggi tutti conosciamo con il nome di Bank of America. Albert Einstein scrisse la prima bozza sulla Teoria della Relatività quando aveva solo 26 anni. I fondatori di Google ne avevano 25 quando fondarono l’azienda ma iniziarono a lavorare sull’algoritmo (Pagerank) a 23 anni e poi ancora Microsoft, Oracle, Apple… purtroppo non basterebbe lo spazio di questo blog per elencarvi tutte le immense opere fatte da under 30…
Ma secondo voi perché il genio compare in età cosi “prematura”? Sinceramente non lo so. Il genio, l’idea, il lampo non è altro che una combinazione incredibilmente perfetta di elettricità che scorre sui nostri neuroni. Ma da lì in poi ci vuole carattere e coraggio (che sono infusi nel nostro DNA) per concretizzare. La scintilla da sola non basta. Sicuramente sei molto piu coraggioso a vent’anni, il carattere anche è molto piu arrogante e l’ego è alle stelle, e guarda un pò… sono proprio le caratteristiche di un leader visionario.
Non voglio fare l’ennesima rassegna negativa sugli investitori e sui Venture Capital italiani; e sapete perché? Perché dopo tutto non è neanche colpa loro.
Cara Italia se vuoi cambiare devi investire sui giovani, ma non come lo dicono i politici in televisione, ci devi investire veramente, devi metterci la passione. Nei nostri ultimi due anni di convivenza, ho visto tanti ragazzi come me che non sono riusciti a partire perché non hanno trovato in te il supporto. Pensa quanti di quelli avrebbero potuto creare valore per te… e per ogni ragazzo che fallisce o emigra perdi un pezzo di anima. Ci sono degli investori che vorrebbero aiutarci, ma non ci riescono da soli, hanno bisogno di un ecosistema sotto che gli aiuti, hanno bisogno di un mercato a cui possono rivendere il valore aggiunto che hanno creato, hanno bisogno di leggi che allegeriscano il carico fiscale, hanno bisogno di università che insegnino anche la pratica… d’altronde stanno semplicemente credendo nei tuoi figli. La tua sorella Francia lo ha capito da anni, e sta investendo a ritmi sbalorditivi anno dopo anno… non lasciarti uccidere così. L’unico modo che hai per sopravvivere è investire in innovazione e giovani, loro sono i primi che usano nuovi prodotti e sono i primi ad accorgersi dei nuovi problemi e creare quindi nuove soluzioni. Innovare non è per niente semplice, tu sei un paese pieno di persone che inventano nuove tecnologie, ma la tecnologia da sola non serve a niente, diventa innovazione quando ha adoption, quando viene applicata sulla massa, il mondo è pieno di tecnologie potenti che non sono andate da nessuna parte.
Innovazione è qualcosa che viene dai margini di una cultura, è chaos. Non a caso San Francisco è una citta che accoglie tutti: disadattati, barboni, ricchi, hippie, arabi, pazzi, imprenditori, asiatici, messicani, italiani, designer, artisti… un miscuglio di culture in continua evoluzione, senza freni né limiti.
Purtroppo credo che molti dei tuoi problemi vengano anche dal tuo passato. Sei un paese vecchio, che ti porti dietro certe ideologie fin dal lontano medioevo. Non capisco come fai a vedere malamente il concetto di fallimento, non hai idea di quante cose impari fallendo, di quanto cresci quando fallisci. Il nostro rapporto si è interrotto, ed è stato un fallimento; eppure mi hai dato del valore, lo hai fatto ferendomi ma mi hai reso una persona migliore.
E’ giunto il momento di salutarti, spero che un giorno potremmo rincontrarci, e chissà… magari mi stupirai…
Buongiorno America, grazie di credere in noi e nella nostra vision. Certo non sei un paese facile neanche tu, ma riesci subito a capire ciò che è giusto ed è sbagliato. Sei un paese relativamente giovane, e per fortuna non hai scheletri nell’armadio vecchi di 2000 anni. Sei molto competitivo, ma se uno ha voglia di fare sai ricompensare immediatamente. Credi fortemente nei ventenni, e sai che se vuoi rimanere leader devi dare loro gli strumenti per poter creare le loro pazzie, come hai fatto con noi. Devi ancora migliorarti su qualche cosa come le leggi sull’immigrazione, ma ti do fiducia, so che ce la farai. Con te mi sento libero di esprimermi, di provare, e soprattutto mi sento felice di sbagliare. Mi dai la libertà di vivere. Spero di poter ricompensarti della fiducia che mi hai dato, credo che insieme costruiremo grande cose… cheers!
Per concludere, se posso dare un consiglio alle migliaia di ragazzi (e ne ho incontrati tantissimi) che ancora rispecchiano quella frase scritta in una piazza romana; voi siete cavalli da corsa e i cavalli da corsa non sono fatti per stare nei maneggi. Correte e andate a conquistarvi quello che volete, nitrire nelle stalle non serve a niente, sfondate i recinti e cambiate lo stato dell’arte, rincorrete la vostra libertà. Ricordate che dovrete vivere nella solitudine, faranno di tutto per fermarvi, soffrirete e sacrifirete l’affetto di chi vi ama veramente, ma quando sarete lì, che correrete come pazzi, vi sentirete per la prima volta… immensamente grandi.
Lasciate l’Italia se l’amate veramente, diventate un cavallo da corsa, vincete tutto, e poi un giorno forse, potrete tornare da grandi, molto grandi e avrete il potere per cambiarla, voi.

venerdì 20 agosto 2010

Apps vs Cloud Computing


Dopo l'interessante provocazione di Chris Anderson sull'editoriale del numero corrente di Wired USA si è aperto il dibattito sull'impatto delle Apps sui trend evolutivi di Internet.
Le Apps sono dei comodi shortcut ma non hanno la stessa flessibilità e versatilità della navigazione sul browser e per di più, il vincolo più stringente è costituito dal forte legame che vincola l'Apps al sistema operativo del device. Questo vincolo è assolutamente in contro tendenza con lo spirito evolutivo di internet che ha portato ad avere siti internet totalmente indipendenti dalla tecnologia del client e quasi indipendenti dalla tecnologia dei server.
Senza contare che per lo più queste Apps sono vendute in regime di monopolio da dei marketplace che hanno perfino il potere di apporre un veto alla pubblicazioni di Apps sia per quanto riguarda i contenuti sia per quanto riguarda la tecnologia, a volte commettendo anche errori nel certificare le Apps. 
Inoltre le Apps presentano problemi di Business Model tanto quanto i tradizionali siti internet perchè, fino ad ora, non si sono registrati casi di Apps talmente longeve da registrare profitti interessanti sul lungo periodo.
Il web per come lo conosciamo ora ha raggiunto un buon livello di maturità con numeri importanti ed investimenti in advertising sempre crescenti.
Le Apps dovanno lottare molto per sconfiggere il paradigma del cloud computing.

domenica 1 agosto 2010

Informazioni di qualità gratuite


Qualche settimana fa Steve Jobs, in uno dei suoi sermoni , sosteneva che l'informazione "di qualità" non potesse essere gratuita. Ebbene si sbagliava, e l'ha dimostrato Wikileaks con le recenti rivelazioni dei dossier segreti sulla guerra in Afghanistan e a suo modo anche l'italiano Dagospia.
Ormai i-mania è diventata una religione più che un vero e proprio trend di mercato.
L'ossessione di Jobs di "certificare" le varie Apps ha certificato anche applicazioni che sono dei casi di mobile phishing ma riesce avere ancora appeal sui fanatici apple nonostante sostenga delle posizioni assolutamente non condivise dal mercato.
Da quando il sito del Wall Street Journal è diventato a pagamento ha perso ben oltre l'80% dei visitatori.....
Chi ha ragione?

sabato 17 luglio 2010

About Start -Up


Perchè in Italia le Start-up fanno fatica a nascere e crescere e troppo spesso rimangono solo idee?
In molti accusano il sistema del credito che non mettono a disposizione capitali per finanziare nuove iniziative imprenditoriali, altri vedono nelle università un'eccessivo disallineamento dal mondo del business. Sicuramente entrambe le ipotesi possono essere vere; io mi sento di aggiungere l'eccessiva burocratizzazione per le imprese.
Un'impresa Start-up che deve avere strutture di costo snelle, flessibili e il più possibile variabili in funzione dei volumi non possono sobbarcarsi gli onerosi costi di consulenze legali per legislazioni spesso non adeguate ai contesti High-tech (che sono spesso il settore preferito delle Start-up), burocrazia complessa che porta a perdersi nei meandri degli uffici delle entrate, delle camere di commercio o di siti web sibillini.
Uno sforzo molto gradito da parte dello Stato, che aiuterebbe ed incentiverebbe le nuove iniziative imprenditoria, è la semplificazione o quantomeno una tutorship gratuita per le nuove iniziative. In questo modo si eviterebbe alle Start-up di focalizzarsi sulle attività core senza perdere tempo, denaro e risorse su attività che non aggiungono valore.

lunedì 5 luglio 2010

I Giovani funzionano!


La nazionale di calcio Tedesca ha dimostrato che i giovani funzionano e che con loro si può andare avanti e creare nuovi cicli.
Questa storia che senza i "vecchi" non si va da nessuna parte ha fatto il suo tempo; rimane radicata soltanto in certi ambienti italici. Anzi l'intera Italia rappresenta è un'esempio di questa esigenza di rinnovamento dalla politica alla società intera...

lunedì 14 giugno 2010

Start Up Italia

Riporto l'editoriale di Riccardo Luna (direttore di Wired Italia):

"Se davvero vogliamo cambiare questo Paese dobbiamo fare un patto. Non fra noi, fra quelli che pensano di sapere tutto e certo già sanno molto. Ma con gli latri. Perchè da soli non ce la faremo mai. Loro sono di più. E i numeri contano.
Se la Banda larga vale meno del Ponte di Messina, se le scuole invece dei computer hanno delle inutili lavagne multimediali spente nei corridoi, se gli incentivi per le cappe aspiranti battono quelli per internet, è perchè i numeri contano.
E quelli che chiedono di portare il Paese nel futuro sono pochi.Hanno mille volte ragione, magari possono sentirsi re per una notte quando si uniscono in diretta sul web, ma non sono abbastanza per cambiare le cose. Gli latri sono quelli che restano sgomenti davanti ai libretti d'istruzioni dei telefonini e temono che lo smartphone sia ancora più complicato; quelli che hanno comprato il computer solo per mandare le mail; quelli che si sono fatti convincere dalla grancassa che internet è un posto pericoloso e mal frequentato. Quelli che a volte sfottiamo. Sbagliando.
Una volta un parlamentare mi disse:
<< E' vero, non so cos'è Creative Commons, ma la prego non mi prenda in giro, me lo racconti >>
Aveva ragione lui. Se vuoi imparare, non è una colpa non sapere.
Per questo se davvero vogliamo salvare questo paese dal declino quel patto dobbiamo farlo subito.
La nuova tecnologia ci offre un'occasione unica: in questi mesi ho visto bambini di quattro anni usare l'iPhone senza che nessuno spiegasse loro nulla e sono sicuro che presto vedrò i loro nonni giocare felici con l'iPad.
Attratti dalla facilità d'uso dei nuovi oggetti, milioni di persone si stanno avvicinando alla cultura digitale, e sta a noi far apprezzare loro i valori della rete: la passione per l'innovazione, la meritocrazia, la trasparenza. Il piacere della collaborazione.
Tanti anni fa in Silicon Valley inventarono la figura dell'evangelist tecnologico: uno che andava a raccontare perchè la tecnologia ci avrebbe migliorato la vita.
Oggi tocca a noi. Non sarà un processo facile né breve, ma dobbiamo farlo.
Con lo stesso impegno che serve a scrivere righe e righe di codice; con il rigore che mettiamo per un business plan.
Con l'entusiasmo di una Start-up. Una Start-up chiamata Italia."

martedì 25 maggio 2010

Il treno perso dell'IPTV

Mi domando spesso, di fronte ai mal funzionamenti del digitale terrestre, perchè è stata scelta questa tecnologia.
Non si poteva approfittare dello switch-off per cablare l'Italia e portare internet nelle case di tutti gli italiani?
Invece di dare incentivi per i decoder si poteva finanziare la posa della fibra ottica che avrebbe permesso agli italiani di avere internet su banda larga e risolvere il problema della TV analogica grazie all'IPTV.
L'IPTV è la televisione che invece di passare per l'antenne delle nostre case e giungere tramite il cavo coassiale alle nostre TV, arriva nei monitor grazie alla fibra ottica o alle rete Wi-Fi, riducendo il numero di device in ogni casa, abbattendo le barriere all'ingresso dell'industria televisiva eliminando la necessità di acquistare frequenze e permettendo a chiunque di fare televisione in un mercato libero e competitivo.
Purtroppo il Digital Divide rimane ed  il decoder del Digitale Terrestre non funziona!

giovedì 20 maggio 2010

Il volano dell'innovazione

L'innovazione è un fattore critico per la competitività di un'impresa; e questo agli imprenditori è ben chiaro.
Tuttavia, alcune volte, gli sforzi compiuti non sempre corrispondono alle aspettative.
La principale criticità non è nella fase creativa o nella fase di sviluppo del concept  ma è nel trovare il giusto impatto che l'innovazione può avere sul business.
Una delle principali cause può essere la reticenza di certi stakeholder nell'accettare l'innovazione proposta oppure nel basso commitment del top management.
Per questo può risultare necessario individuare uno sponsor dell'innovazione.
Cioè una persona che riesca a comprendere l'essenza dell'innovazione ma che abbia anche una conoscenza approfondita del business in modo da valutare i benefici e farsi portavoce dell'innovazione e mantenere alta l'attenzione dei vertici e promuoverla verso gli stakeholder.

domenica 2 maggio 2010

 Riporto il post redatto da Nicola Mattina nel suo blog:


Quali sono le caratteristiche di una startup che opera nell’area dei social media, del web 2.0, del software as a service e via dicendo? A me vengono in mente le seguenti:
Bassi costi di avvio
Spesso la startup ha per oggetto un servizio tecnologicamente facile da produrre e le risorse necessarie sono rappresentate principalmente dal tempo di chi lavora per progettare il servizio, sviluppare l’applicazione, costruire una community di utenti. Il resto è da considerarsi essenzialmente una commodity: si usa quasi sempre software open source; i costi per hosting e connettività sono molto bassi; ci sono molte aziende che regalano alle startup i propri prodotti (es. Microsoft), server virtuali e banda (es. Telecom ItaliaSunTop-Ix).
Basse barriere all’ingresso
Le barriere all’ingresso sono normalmente molto basse sia per via dei costi di avvio che per l’impossibilità o inutilità di ricorrere ai brevetti. I motivi sono molti: risulta difficile proteggere un pezzo di interfaccia web dimostrando la sua unicità; in Europa, il software è considerato un’opera dell’ingegno come una canzone o un testo letterario e quindi non è brevettabile; i brevetti sono molto costosi soprattutto se si aspira ad ottenerli per tutto il mondo; basare sulla tutela della proprietà intellettuale la propria strategia competitiva significa anche essere disposti a spendere molti soldi in costosi avvocati specializzati.
Crowdsourcing del product management
Non è necessario investire risorse in ricerche di mercato, in quando gran parte del product management può essere fatto online: gli imprenditori 2.0 più intelligenti mettono in campo da subito una strategia di ascolto e di coinvolgimento degli utenti più attivi facendo leva sulla loro disponibilità e sulla voglia di dimostrare la propria competenza per vedersi riconoscere un ruolo. Esistono anche alcune piattaforme specializzate nel gestire questi processi, come Uservoice.
Perpetual beta
E’ possibile partire con un prototipo imperfetto e farlo evolvere gradualmente, consolidando sia l’esperienza d’uso del servizio che gli aspetti tecnologici. D’altro canto, è inutile inserire da subito decide di funzionalità che gli utenti non useranno mai, mentre è molto più efficiente aggiungere un tassello alla volta. Allo stesso tempo nelle fasi iniziali è prematuro preoccuparsi troppo di aspetti come la scalabilità di una piattaforma quando questa ha solo poche migliaia di utenti.
Creazione di sistemi aperti
Le aziende che si muovo in territori che non hanno ancora dimostrato di generare business e profitti, tendono a mettere in comune i propri patrimoni di dati rendendoli accessibili tramite web services. Lo hanno fatto con successo Facebook e Twitter e oggi è una strada che percorrono in molti con l’obiettivo di costruire degli ecosistemi in cui assumere il ruolo di piattaforma abilitante. Un esempio da seguire in quest’area è sicuramente Foursquare, che ha adottato una filosofia di apertura totale.
Capitale sociale
In molti settori, la fase di startup serve a industrializzare una tecnologia e a brevettarla costruendo così il capitale di conoscenza da monetizzare con l’attività aziendale. Nell’area del web 2.0, spesso e volentieri il capitale da costruire è sociale consiste nell’aggregare un numero sufficiente di utenti attorno al servizio per generare una massa critica che permetta di innescare l’effetto rete. Gli utenti e i dati che essi generano sono il vero asset della maggior parte di startup 2.0, anche se spesso gli imprenditori non ne sono pienamente consapevoli.
Simbiosi
Una strategia molto comune per sviluppare una comunità di utenti in tempi rapidi è utilizzare la base utenti di altri servizi, come Facebook o Twitter. Si pensi, per esempio aZynga, che ha sviluppato una serie di giochi accessibili unicamente da Facebook, oppure a tutti quei servizi e applicazioni che sfruttano le api di Twitter. Si tratta di una vera e propria forma di simbiosi in cui c’è un reciproco beneficio: la startup accede a un bacino molto vasto di potenziali utenti; la piattaforma diventa sempre più centrale e indispensabile nell’ecosistema.

mercoledì 28 aprile 2010

Il successo della Silicon Valley

La Silicon Valley è una delle regioni del mondo in cui si registra il più alto numero di start-up di successo.
E' qui che sono nate (e continuano a nascere) le grandi corporate americane High Tech.
Da Google a Microsoft, da Apple a Oracle passando per quella miriade di start up che hanno immesso sul mercato prodotti innovativi; aziende che sono il veicolo attraverso il quale l'innovazione di prodotto irrompe nel mercato.
Ma perchè si concentrano tutti in quest'area geografica ben precisa?
Per prima cosa, credo che il ruolo giocato dalle università sia alla base di tutto. Non a caso molte di queste innovazioni vengono da Stanford, uno dei migliori think tank in grado di partorire gioielli come Cisco o Google, ma anche Berkley e molte altre. Le università oltre a contribuire a trasferire tecnologie ed innovazione, hanno anche formato molti giovani talentuosi arricchendo così il capitale umano; fondamentale per le imprese High tech.
Le Università giocano senz'altro un ruolo rilevante ma un'altro aspetto interessante è la capacità che hanno le imprese di collaborare e competere tra di loro allo stesso tempo.
Non a caso spesso queste start-up vengono acquisite, si fondono e stringono alleanze e partnership anche con gli incumbent e i colossi del settore (l'accordo Microsoft - Intel - IBM è stato la fortuna delle prime due società....).
Per ultimo, ma non meno importante, è la capacità di finanziamento che hanno queste imprese; spesso non derivano semplicemente dall'attitudine dei Business Angels o Venture Capitalist ma dipende proprio dalle capacità e dall'attitudine al rischio degli imprenditori capaci di mettersi in gioco e far valere la propria value proposition.

sabato 17 aprile 2010

Banche e politica non vanno d'accordo

Il recente successo alle elezioni regionali ha portato la Lega ad alzare il tiro e puntare sulle Fondazioni che possiedono il controllo delle grandi banche italiane.
Mossa inaspettata ed inconsueta per un partito di lotta contro i poteri forti e contro il malcostume politico.
Già perchè con questo atteggiamento la lega si pone sullo stesso piano di chi ha contestato per anni.
Inoltre l'influenza dei politici nelle fondazioni può portare seri problemi all'attività delle banche.
Finora il sistema bancario italiano è cresciuto e si è preservato dalla crisi finanziaria anche grazie a manager abili e competenti, le influenze della politica possono mettere in dubbio questo modello di gestione lottizzando le cariche. In un paese in cui il merito è già poco premiato, ulteriori lottizzazioni politiche, in settori così strategici, potrebbero essere deleterie.

giovedì 15 aprile 2010

Il paradosso della produttività

Nell'ultimo decennio si è assistito ad un aumento dell'occupazione (più o meno precaria) a scapito della produttività.
Una delle cause della bassa produttività registrata nell'ultimo decennio è imputabile proprio alle forme di precariato che, usate spesso per tenere basso il costo del lavoro, hanno colpito la produttività.
Assumere una persona con esperienza può risultare molto costoso specialmente se paragonata ad altre forme di lavoro disponibili sul mercato come gli stagisti o i contratti a progetto. 
Chiaramente l'impatto sull'organizzazione delle due figure non è uguale: il lavoro svolto da una persona con una certa esperienza non può essere preteso da uno stagista però il mercato del lavoro offre stagisti a prezzo irrisorio (spesso anche gratis) per cui si possono ingaggiare più stagisti per svolere i compiti che potrebbe fare una persona con esperienza: ed ecco che la produttività cala. 
Ovviamente nel breve periodo questo stream di pensiero permette di contenere la disoccupazione ed avere un basso costo del lavoro, ma nel lungo periodo questa concezione del lavoro può risultare pericolosa specialmente se tra gli stagisti e i contratti a progetto c'è un alto turnover
Il turnover, concepito in questa maniera,  blocca la crescita professionale e danneggia anche le imprese che si troveranno sempre con risorse con scarsa conoscenza del business dell'azienda e impossibilitate a mettere a frutto la propria curva di apprendimento a causa del turnover.

sabato 3 aprile 2010

L'inganno dell'economia post-industriale

Negli scorsi anni, nei paesi industrializzati, si è diffusa la convinzione che la risposta alla delocalizzazione degli impianti industriali nei paesi emergenti fosse una revisione del modo di fare business: dalla produzione di business alla vendita di servizi. Una buona soluzione, finchè il mercato continua a crescere e l'economia gode di buona salute. La city di Londra è un esempio lampante di questo modo di pensare. Ma non tutto fila liscio....
Un sistema del genere è molto delicato e le variabili che lo regolano non sono tutte controllabili; basta una piccola perturbazione nel sistema come qualche operaio che non è riuscito a ricollocarsi nel nuovo sistema economico che si innesca la crisi dei mutui sub-prime. Con l'aiuto di abili speculatori queste sofferenze di singoli individui diventano sofferenze dell'intero sistema economico. Ed in tempo di crisi i primi tagli si fanno proprio sui servizi superflui. Un sistema economico basato solamente sui servizi è troppo fragile perchè manca la base attraverso il quale si crea valore ovvero la creazione di prodotti. I servizi sono un corollario del prodotto e non un entità economica autosufficiente.  

domenica 28 marzo 2010

Barriere all'ingresso in un mercato liberalizzato

Nel 2008 si è concluso l'iter per l'assegnazione delle licenze d'uso delle frequenza WiMax, gli incumbent hanno vinto pochissime licenze per lo più aggiudicate da new comer.
Gli incumbent non sono stati a guardare!
Hanno elaborato una strategia molto interessante: l'uso di una delle internet key!
Le internet key usano la rete 3G; già a disposizione degli incumbent e non completamente satura. Queste chiavette soddisfano l'esigenza di connettività in mobilità ad un modico prezzo.
Prezzo troppo basso per chi, come i newcomer, hanno dovuto sostenere ingenti investimenti per l'acquisto delle licenze e degli investimenti in infrastrutture per poter erogare il servizio. Allo stato attuale è difficile che la tecnologia Wi-Max possa essere redditiva in poco tempo in quanto il prezzo sul mercato è troppo basso per giustificare gli investimenti. Ecco perchè nonostante due anni dall'aggiudicazione delle frequenze la diffusione del Wi-Max non ha avuto successso.

sabato 20 marzo 2010

Il Catenaccio è made in Italy


Nereo Rocco ha "inventato" il modulo calcistico del catenaccio ed è stato per anni un tratto distintivo del calcio italiano; ma questo modulo non è applicato solo nel calcio ma sembra essere più che latro un modo di pensare che vede applicazione anche nel business.
Infatti il modo migliore di fare business è il presidio e la difesa delle rendite di posizione. Questa è l'applicazione del catenaccio anche nel business.
Lo si vede in ogni circostanza del Business in Italia: dalla posizione delle Banche che finanziano solo la difesa del business e rarissimamente lo sviluppo; l'innovazione tecnologica è ben accetta se non perturbi le rendite di posizione altrimenti va oscurata (il Wi-Max è un esempio).
Una bella situazione Lock-in!

sabato 13 marzo 2010

L'iPhone non è meritocratico

Leggendo Wired di questo mese in una chart veniva evidenziato come una delle applicazioni più scaricate nel 2009 abbia prodotto al suo sviluppatore ben 10 000 € al giorno.
Sicuramente una bella cifra ma probabilmente giustificato dallo sforzo per produrre la prima copia di un software complesso magari che sviluppi gli ultimi trend tecnologici come l'augmented reality o le prime applicazioni web 3.0 invece nulla di tutto ciò!
L'applicazione in questione non presenta nessuna innovazione tecnologica significativa e nemmeno propone nuove funzionalità di significativa rilevanza per l'utente ma si limita a riprodurre i rumori causati dalla flautolenza. E' incredibile come un'applicazione del genere possa riscuotere un così grande successo, per quanto mi riguarda un motivo in più per non avere l'iPhone vedend il livello medio degli utenti

mercoledì 10 marzo 2010

Il problema della Leva...

La crisi finanziaria ha messo alle strette le aziende poco capitalizzate che hanno abusato della leva. Senza dubbio l'utilizzo della leva accresce la redditività dell'azienda ma in contesti così turbolenti si accrescono dei rischi notevoli sempre più esogeni alla realtà aziendale.
Finanziare la crescita di un'azienda con il debito può rivelarsi deleterio perchè cresce il debito dell'azienda e non il business con il rischio di tonfo catastrofici nelle congiunture del marcato.
Da usare cum grano salis.

sabato 27 febbraio 2010

Don't be evil....


"Don't be evil" è il motto della dotcom di Mountain View ma i magistrati italiani non la pensano allo stesso modo....
La condanna ai manager di Google ha sucitato molto interesse da parte della stampa estera, dal New York Times a Business Week passando per il Wall Street Journal i quali mostrano la lor perplessità sul mercato internet in Italia.
Prima alle prese con un'eccessiva burocratizzazione (con il decreto Gentiloni) ora anche con un magistratura confusa con legislazione del canale web.
Accusare Google in questo caso è come accusare il postino che recapita delle lettere minatorie, in quanto google non ha nessun obbligo sulla sorveglianza dei contenuti in quanto non è un editore bensì un link tra produttore e fruitori di contenuti (direttiva europea sull'e-commerce 2003).
Si potrebbe delegare l'attività di monitoraggio agli utenti stessi la segnalzione di contenuti inappropriati (in piena filosofia web 2.0) oppure attraverso l'accettazione di disclaimer blindati.
La stampa estera giudica questo contesto come la causa del rallentamento dell'economia italiana (business week), o un attacco alla democrazia della rete (Read Write Web) infine per Business Insider la sentenza è stata giudicata "di una stupidità imbarazzante".
Al di là delle critiche provenienti dall'estero è arrivato il momento di affrontare con serietà la legislazione del web abbandonando l'ottica oscurantista ma accettando la natura del web e riconoscendo il ruolo che gioca la tecnologia.

giovedì 25 febbraio 2010

I Giovani che non avanzano


Oggi leggevo sul blogroll un interessantissimo post di Competere nella complessità che condivido totalmente.
Mi piacerebbe approfondire dei temi proposti:

Attenzione più labile: denotata principalmente dalla vivacità intellettuale grazie al continuo stimolo da parte del mondo che ci circonda abituandoci al multitasking e a portare avanti in parallelo più task, il lato positivo è che siamo più predisposti a reggere lo stress.

Tempo di semina limitato: causato principalmente dalla scarsa fiducia che si ha nel sistema poco meritocratico e molto "ad personam", per cui si è sviluppata la facoltà di capire che le possibilità o ci sono o non ci sono e nel secondo caso conviene cambiare alla cerca di lidi più favorevoli. Una maggior certezza di criteri meritocratici permettere meglio di accettare un tempo di semina più lungo.

Idiosincrasia alla gerarchia: deriva principalmente dal web ma anche in una scarsa fiducia nel vertice visto per lo più come antagonista di cui si dubitano, a volte, le reali capacità

Una minore importanza al lavoro ai fini dell'autorealizzazione: causata prevalentemente dalle basse prospettive di crescita per cui si è inibiti a "puntare troppo" sul lavoro perchè potrebbe (con alta probabilità) non ripagare.


sabato 13 febbraio 2010

Perchè la fuga dei talenti


Questo non vuole essere il classico post che parla delle sventure dei giovani in Italia, vuole essere un'analisi delle dinamiche che hanno generato questo fenomeno di emigrazione "di qualità".
Dopo il benessere degli anni '80, ispirati dal boom degli Yuppies d'oltre oceano, in Italia i giovani hanno iniziato a d ambire a formazione di alto livello pressi istituti prestigiosi e corsi specializzati creando di fatto delle figure professionali di livello internazionale. Il naturale sviluppo di un paese si potrebbe dire. 
Fin qui tutto bene.
Ma poi ad un tratto il meccanismo si inceppa (rimando alla lettura di altri post) e si smette di crescere, lo sviluppo rallenta ed il mercato del lavoro si satura.
Nel frattempo sempre più giovani vanno all'Università alla ricerca di una formazione che possa permettergli un miglioramento del proprio status ma non ci sono sbocchi perchè il paese ha smesso di crescere.
A questo punti tutti auspicavano (e ci sperano tutt'ora) in un cambio al vertice per tornare a crescere invece nel frattempo si è creata un circolo vizioso che ha portato il mercato del lavoro ad una situazione Lock-In ovvero in cui è difficile scardinare i meccanismi dell'accesso al lavoro perchè chi poteva ha consolidato la propria posizione ed ha basato il suo business non sul dinamismo del mercato bensì sella rendita
per cui l'obiettivo diventa l'immobilità: nulla deve cambiare!
Meglio non rischiare che vedere il proprio status intaccato!
Intanto i giovani non trovando lavoro fanno Master, corsi di specializzazione esperienze all'estero... e diventano sempre più preparati in attesa dell'ingresso nel mercato del lavoro, ma se non si presidia il territorio si rimane fuori dai circoli. 
Allora forti delle proprie esperienze si sviluppa la coscienza comune di guardare oltre e si nota che gli latri paesi crescono ed hanno bisogno di persone qualificate e quindi si va fuori. Intanto il paese ha perso una generazione....
E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. 

domenica 7 febbraio 2010

Le prospettive dell'augmented reality

 L'augmented reality è  la sovrapposizione di livelli informativi (elementi virtuali e multimediali, dati geolocalizzati etc) ad un flusso video che riprende la realtà di tutti i giorni.
L'augmented reality era già usata in ambiti militare ed elettromedicali ma grazie alla diffusione crescente di dispositivi mobili smart ha trovato applicazione anche nell'uso quotidiano.
L'augmented reality non è altro che una sorta di mash-up dinamico capace di interagire con l'ambiente circostante ed integrare informazioni aggiuntive.
Una delle applicazioni naturali dell'augmented reality può essere il riconoscimento di monumenti e l'integrazioni con le loro informazioni presenti ad esempio sul web o su di un database dell'applicazione.
Un altra interessante applicazione può essere l'interazione con l'ambiente circostante in modo da rispondere a delle richieste dell'utente; una sorte di incrocio tra un navigatore satellitare (in grado di  capire il posizionamento geografico ed impostare un percorso per arrivare a destinazione) e un motore di ricerca (per rispondere alle necessità che si pone l'utente).
Le prospettive di utilizzo sono molto interessanti e variegate rimane secondo me il problema della gestione dei livelli informativi che potrebbe essere particolarmente oneroso o inefficace; a fare la differenza dunque sarà la razionalizzazione delle informazioni da integrare.

lunedì 1 febbraio 2010

Apologia dell'e-Government

L'e-Government è un sistema che, grazie alle tecnologie informatiche, permette al cittadino di usufruire liberamente nel proprio domicilio dei servizi della Pubblica Amministrazione.
Questa pratica può essere sfruttata per portare efficienza  nella Pubblica Amministrazione italiana nonché un reale valore per i propri cittadini.
Ad esempio ogni comune, tramite dei sistemi di identificazione evoluti come ad esempio poteva essere la Carta d'Identità Digitale (diffusa per un breve periodo in via sperimentale in alcuni comuni d'Italia), avrebbe potuto riconoscere i propri cittadini anche via web ed avrebbe potuto mettere a loro disposizione tutti servizi erogati, ad esempio, dall'ufficio anagrafico evitando così al cittadino di risparmiare lunghe code agli sportelli, il comune d'altro canto risparmiava sia sulle stampe (carte ed inchiostro) che sul personale del front-office che sarebbe stato reimpiegato nel back-office in modo da aumentare la produttività.
Le potenzialità sono notevoli!
Il problema dell'e-Government è che in Italia si muove in maniera scoordinato e senza degli standard comuni a tutte le amministrazioni locali perdendo così spesso di efficacia.
E' un tema che deve essere assolutamente sviluppato perchè è una grande opportunità sia dal punto di vista dell'efficienza della PA che per un indotto informatico che può svilupparsi per supportare lo sviluppo e l'esercizio dei sistemi di e-Government.

mercoledì 27 gennaio 2010

Le priorità del business per il 2010















  1. Migliorare i processi di Business
  2. Ridurre i costi aziendali
  3. Aumentare l'uso di informazioni ed analisi
  4. Aumentare la produttività del personale
  5. Conquistare e manternere nuovi clienti
  6. Gestire le iniziative del cambiamento
  7. Aumentare l'innovazione
  8. Migliorare la focalizzazione sui clienti e mercati
  9. Consolidare le attività
  10. Migliorare il rapporto con i clienti
(Fonte: Gartner EXP)

Fin qui nulla di nuovo sotto il sole, priorità ever green a cui mi sento di aggiungere un'attenzione alla struttura patrimoniale delle imprese che in uscita dalla crisi possono avere dei dissesti nel rapport Debito/Equity e risulta importante bilanciare opportunamente questa frazione al fine di evitare errori che hanno poi portato molte aziende a subire il credit crunch.

mercoledì 20 gennaio 2010

Facile dare dei Bamboccioni quando si è Ministri


Ci ha già provato T. Padoa Schioppa con la sua infelice uscita sui "Bamboccioni", ora ci riprova il ministro Brunetta con "fuori di casa a 18 anni".
Io m i domando ma con quale coraggio fanno certe esclamazioni?
Rivolgersi in questo modo ad una generazione che vede privarsi della pensione di anzianità, del TFR e che ha subito maggiormente le cause della crisi finanziaria (secondo i dati OCSE) è sicuramente un atto incosciente di chi non si rende conto delle difficoltà che hanno i giovani nel Sistema Italia.
Carenza di opportunità di lavoro e quei pochi fortunati hanno oferte di lavoro insostenibili come stage retributi a 700€ mese senza buoni pasto!
Ma la guerra al futuro dei giovani è bipartisan: sia destra che sinistra se la prendono con i giovani come se fossero stati loro a creare il terzo debito pubblico del mondo!
Magari con stipendi e benefits da Ministro è più facile non fare i bamboccioni.

mercoledì 13 gennaio 2010

Lo scenario post-crisi


I trend negativi della crisi sembrano ormai superati (sebbene sia ancora diffidente) ed è ora di cercare di capire cosa sia cambiato.
Innanzitutto si è maggiormente accentuata la concorrenza pressando il mercato, un’accelerazione del cambiamento che mina alla radice modelli di business consolidati ed infine la conoscenza diventa sempre di più una commodity ed erode i vantaggi competitivi del know how, un tempo fattore distintivo delle imprese di successo.
Analizziamo punto per punto gli elementi presentati: ormai sul mercato globale non si stanno più affacciando le realtà del far –east (Cina, India, Vietnam…) ma anche altri Paesi dell’America Latina (Brasile) e la Russia che si è svegliata dal suo torpore insieme ad altri paesi emergenti del centro Asia.
Questi nuovi attori che si affacciano sul mercato globale presentano ognuno dei vantaggi competitivi (chi dispone di forza lavoro a basso costo, chi di ingenti risorse naturali….) che rendono la competizione ancora più pressante.
Di fronte a questa situazione il cambiamento diventa il paradigma per la sopravvivenza dell’azienda e quindi la necessità di essere reattivi alle mutazioni del mercato comporta evoluzioni continui dei modelli di business.
Infine grazie alle moderne tecnologie di comunicazione la conoscenza diventa una commodity in questo modo molte aziende hanno perso importante vantaggi competitivi.
A mio parere un’importante leva su cui poter agire è l’attenzione alle necessità l’interazione con il cliente. Questa leva deve essere utilizzata soprattutto per guidare la creatività e di conseguenza l’innovazione aziendale in modo da poter sempre inseguire e soddisfare le richieste dei clienti.

lunedì 4 gennaio 2010

Modelli di business per la rete

Chris Anderson (direttore di Wired USA e famoso inoltre per aver coniato il termine Long Tail) nel suo ultimo elaborato denominato FREE analizza i possibili business model adatti per chi vuole operare con successo nel web.
Assodato che il paradigma vincente in internet è l'offerta di servizi in maniera gratuita si cerca di capire quale possano essere modelli di business in grado di garantire il paradigma free almeno per i servizi base e che al tempo stesso possano garantire l'esistenza dell'attività imprenditoriale.
Anderson propone 4 principali modelli.
Il primo (FREE1) propone una sussidiazione incrociata diretta cioè il caso in cui si può avere un prodotto/servizio gratuitamente mentre un'altro prodotto/servizio si deve pagare. I proventi dalla vendita del secondo prodotto/servizio servono per sostenere l'attività imprenditoriale e consentire un qualche margine di retribuzione per la remunerazione del capitale di rischio.
Il secondo (FREE2) invece prevede l'erogazione di un prodotto/servizio gratuitamente sul mercato, i ricavi avvengono su un'altro fronte ovvero sulla vendita di visibilità (o spazi visibili) ad un terzo attore che a sua volta vende prodotti/servizi sul mercato. Dunque chi eroga il prodotto/servizio gratuitamente in realtà vende un altro prodotto ad un terzo attore che serve per giustificare l'esistenza dell'iniziativa. Questo è il principale modello usato finora su internet ed ha fatto la fortuna delle principali dot.com.
Il terzo modello (FREE3) è denominato Freemium cioè un modello che sfrutta il concetto di versionig di un prodotto/servizio. In questo caso il produttore decide di erogare i propri prodotti/servizi gratuitamente nella versione base ma far pagare le versioni premium in modo tale che siano capaci di sussidiare le versioni gratuite.
L'ultimo modello (FREE4) prevede l'erogazione di prodotti/servizi in cambio di attenzione e reputazione. Questo modello può essere adatto a servizi innovativi che vogliono farsi conoscere o a servizi scadenti che si sono migliorati e si propongono gratuitamente per far apprezzare i propri miglioramenti.

Cerca nel blog