Marchionne ha presentato il nuovo piano industriale del Gruppo Fiat per l'Italia. Piano ambizioso che prevede investimenti per 8 miliardi di €. Di questi tempi il piano è senza dubbio ambizioso ma il problema chiave è la competitività.
Già, per stare sul mercato si deve essere competitivi e la struttura del Gruppo torinese ha delle sacche di inefficienza in stabilimenti che lamentano carenze strutturali e diseconomie. Infatti l'a.d. di FIAT reclama una bassa saturazione degli impianti da cui si generano queste inefficienze che limitano la competitività del gruppo sul mercato. La chiusura degli stabilimenti incriminati (Termini Imerese e forse Pomigliano d'Arco) lascerebbe a casa molti dipendenti in aree geografiche del paese problematiche. Risulta dunque alquanto complesso conciliare la responsabilità sociale del Gruppo senza che questo ne risulti in qualche modo penalizzato rispetto ai concorrenti. In questo momento si stanno scontando scelte poco lungimiranti prese nel passato sull'euforia dell'assistenzialismo statale in cui spesso per scelta lo Stato copriva delle inefficienze industriali per garantire un certo welfare in aree depresse del paese. Ora questo tempo è finito ed è giusto consentire alle imprese di rincorrere la propria competitività senza lasciarsi ingabbiare in pericolosi giochi etici, pena l'esistenza stessa dell'azienda (che in caso di scomparsa produrrebbe danni maggiori).
Non vogliamo più Gruppi industriali che sono degli ammortizzatori sociali come la vecchia Alitalia che non aveva ragion di esistere se non perchè lo stato copriva le carenze e dava occupazione. La FIAT ha iniziato a funzionare proprio quando lo Stato si è levato dai piedi e si è dato spazio a persone competenti e preparate!
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